PRIMATO FASCISTA E' L'ORGANO UFFICIALE DEI FASCISTI RIVOLUZIONARI
“Fondiamo questo foglio con volontà di agire sulla storia italiana. Contro la filosofia regnante, che fermamente avverseremo, non ammettiamo che tutto sia “Storia”: storia non è quel che passa, è quel che dura […]. Ci basta che dieci abbiano inteso, e si siano dati la mano; che codesto fascicolo di trenta pagine sia stato prova di vita fra tanta inerzia d’uomini, affermazione chiara e dura fra tanta dubbiezza, falsità, fragilità di scrittori, e resti documento dell’epoca Fascista, principio anzi di quella rivoluzione intellettuale che noi compiremo.” Berto Ricci, da “l’Universale”, 3 gennaio 1931.

martedì 28 giugno 2011

DOTTRINA DEL FASCISMO 1932-XI

IDEE FONDAMENTALI
I
Come ogni salda concezione  politica, il fascismo è prassi ed è pensiero, azione a cui è immanente  una dottrina, e dottrina che, sorgendo da un dato sistema di forze  storiche, vi resta inserita e vi opera dal di dentro. Ha quindi una  forma correlativa alle contingenze di luogo e di tempo, ma ha insieme un  contenuto ideale che la eleva a formula di verità nella storia  superiore del pensiero. Non si agisce spiritualmente nel mondo come  volontà umana dominatrice di volontà senza un concetto della realtà  transeunte e particolare su cui bisogna agire, e della realtà permanente  e universale in cui la prima ha il suo essere e la sua vita. Per  conoscere gli uomini bisogna conoscere l’uomo; e per conoscere l’uomo  bisogna conoscere la realtà e le sue leggi. Non c’è concetto dello stato  che non sia fondamentalmente concetto della vita: filosofia o  intuizione, sistema di idee che si svolge in una costruzione logica o si  raccoglie in una visione o in una fede, ma è sempre, almeno  virtualmente, una concezione organica del mondo.
II
Così  il fascismo non si intenderebbe in molti dei suoi atteggiamenti  pratici, come organizzazione di partito, come sistema di educazione,  come disciplina, se non si guardasse alla luce del suo modo generale di  concepire la vita. Modo spiritualistico. Il mondo per il fascismo non è  questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l’uomo è un  individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da  una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di  piacere egoistico e momentaneo. L’uomo del fascismo è individuo che è  nazione e patria, legge morale che stringe insieme individui e  generazioni in una tradizione e in una missione, che sopprime l’istinto  della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere  una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in  cui lindividuo, attraverso l’abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi  interessi particolari, la stessa morte, realizza quell’esistenza tutta  spirituale in cui è il suo valore di uomo.
III
Dunque  concezione spiritualistica, sorta anche essa dalla generale reazione del  secolo contro il fiacco e materialistico positivismo dell’Ottocento.  Antipositivistica, ma positiva: non scettica, né agnostica, né  pessimistica, né passivamente ottimistica, come sono in generale le  dottrine (tutte negative) che pongono il centro della vita fuori  dell’uomo, che con la sua libera volontà può e deve crearsi il suo  mondo. Il fascismo vuole l’uomo attivo e impegnato nell’azione con tutte  le sue energie: lo vuole virilmente consapevole delle difficoltà che ci  sono, e pronto ad affrontarle. Concepisce la vita come lotta pensando  che spetti all’uomo conquistarsi quella che sia veramente degna di lui,  creando prima di tutto in sé stesso lo strumento (fisico, morale,  intellettuale) per edificarla. Così per l’individuo singolo, così per la  nazione, così per l’umanità. Quindi l’alto valore della cultura in  tutte le sue forme – arte, religione, scienza – e l’importanza  grandissima dell’educazione. Quindi anche il valore essenziale del  lavoro, con cui l’uomo vince la natura e crea il mondo umano (economico,  politico, morale, intellettuale).
IV
Questa concezione  positiva della vita è evidentemente una concezione etica. E investe  tutta la realtà, nonché l’attività umana che la signoreggia. Nessuna  azione sottratta al giudizio morale; niente al mondo che si possa  spogliare del valore che a tutto compete in ordine ai fini morali. La  vita perciò quale la concepisce il fascista è seria, austera, religiosa:  tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili  dello spirito. Il fascista disdegna la vita comoda.
V
Il  fascismo è una concezione religiosa, in cui l’uomo è veduto nel suo  immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva  che trascende l’individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di  una società spirituale. Chi nella politica religiosa del regime  fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha  inteso che il fascismo, oltre a essere un sistema di governo, è anche, e  prima di tutto, un sistema di pensiero.
VI
Il  fascismo è una concezione storica, nella quale l’uomo non è quello che è  se non in funzione del processo spirituale a cui concorre, nel gruppo  familiare e sociale, nella nazione e nella storia, a cui tutte le  nazioni collaborano. Donde il gran valore della tradizione nelle  memorie, nella lingua, nei costumi, nelle norme del vivere sociale.  Fuori della storia 1′uomo è nulla. Perciò il fascismo è contro tutte le  astrazioni individualistiche, a base materialistica, tipo sec. XVIII; ed  è contro tutte le utopie e le innovazioni giacobine. Esso non crede  possibile la felicità sulla terra come fu nel desiderio della  letteratura economicistica del `700, e quindi respinge tutte le  concezioni che per … un certo periodo della storia ci sarebbe una  sistemazione definitiva del genere umano. Questo significa mettersi  fuori della storia e della vita che è continuo fluire e divenire. Il  fascismo politicamente vuol essere una dottrina realistica;  praticamente, aspira a risolvere solo i problemi che si pongono  storicamente da sé e che da sé trovano o suggeriscono la propria  soluzione. Per agire tra gli uomini, come nella natura, bisogna entrare  nel processo della realtà e impadronirsi delle forze in atto.
VII
Antiindividualistica,  la concezione fascista è per lo Stato; ed è per l’individuo in quanto  esso coincide con lo Stato, coscienza e volontà universale dell’uomo  nella sua esistenza storica. E’ contro il liberalismo classico, che  sorse dal bisogno di reagire all’assolutismo e ha esaurito la sua  funzione storica da quando lo Stato si è trasformato nella stessa  coscienza e volontà popolare. Il liberalismo negava lo Stato  nell’interesse dell’individuo particolare; il fascismo riafferma lo  Stato come la realtà vera dell’individuo. E se la libertà dev’essere  l’attributo dell’uomo reale, e non di quell’astratto fantoccio a cui  pensava il liberalismo individualistico, il fascismo è per la libertà.  E’ per la sola libertà che possa essere una cosa seria, la libertà dello  Stato e dell’individuo nello Stato. Giacché, per il fascista, tutto è  nello Stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha  valore, fuori dello Stato. In tal senso il fascismo è totalitario, e lo  Stato fascista, sintesi e unità di ogni valore, interpreta, sviluppa e  potenzia tutta la vita del popolo.
VIII
Né individui fuori  dello Stato, né gruppi (partiti politici, associazioni, sindacati,  classi). Perciò il fascismo è contro il socialismo che irrigidisce il  movimento storico nella lotta di classe e ignora l’unità statale che le  classi fonde in una sola realtà economica e morale; e analogamente, è  contro il sindacalismo classista. Ma nell’orbita dello Stato ordinatore,  le reali esigenze da cui trasse origine il movimento socialista e  sindacalista, il fascismo le vuole riconosciute e le fa valere nel  sistema corporativo degli interessi conciliati nell’unità dello Stato.
IX
Gli  individui sono classi secondo le categorie degli interessi; sono  sindacati secondo le differenziate attività economiche cointeressate; ma  sono prima di tutto e soprattutto Stato. Il quale non è numero, come  somma d’individui formanti la maggioranza di un popolo. E perciò il  fascismo è contro la democrazia che ragguaglia il popolo al maggior  numero abbassandolo al livello dei più; ma è la forma più schietta di  democrazia se il popolo è concepito, come dev’essere, qualitativamente e  non quantitativamente, come l’idea più potente perché più morale, più  coerente, più vera, che nel popolo si attua quale coscienza e volontà di  pochi, anzi di Uno, e quale ideale tende ad attuarsi nella coscienza e  volontà di tutti. Di tutti coloro che dalla natura e dalla storia,  eticamente, traggono ragione di formare una nazione, avviati sopra la  stessa linea di sviluppo e formazione spirituale, come una coscienza e  una volontà sola. Non razza, nè regione geograficamente individuata, ma  schiatta storicamente perpetuantesi, moltitudine unificata da un’idea,  che è volontà di esistenza e di potenza: coscienza di sé, personalità.
X
Questa  personalità superiore è bensì nazione in quanto è Stato. Non è la  nazione a generare lo Stato, secondo il vieto concetto naturalistico che  servì di base alla pubblicistica degli Stati nazionali nel secolo XIX.  Anzi la nazione è creata dallo Stato, che dà al popolo, consapevole  della propria unità morale, una volontà, e quindi un’effettiva  esistenza. Il diritto di una nazione all’indipendenza deriva non da una  letteraria e ideale coscienza del proprio essere, e tanto meno da una  situazione di fatto più o meno inconsapevole e inerte, ma da una  coscienza attiva, da una volontà politica in atto e disposta a  dimostrare il proprio diritto: cioè, da una sorta di Stato già in fieri.  Lo Stato infatti, come volontà etica universale, è creatore del  diritto.
XI
La nazione come Stato è una realtà etica  che esiste e vive in quanto si sviluppa. Il suo arresto è la sua morte.  Perciò lo Stato non solo è autorità che governa e dà forma di legge e  valore di vita spirituale alle volontà individuali, ma è anche potenza  che fa valere la sua volontà all’esterno, facendola riconoscere e  rispettare, ossia dimostrandone col fatto l’universalità in tutte le  determinazioni necessarie del suo svolgimento. E perciò organizzazione  ed espansione, almeno virtuale. Cosi può adeguarsi alla natura  dell’umana volontà, che nel suo sviluppo non conosce barriere, e che si  realizza provando la propria infinità.
XII
Lo Stato  fascista, forma più alta e potente della personalità, è forza, ma  spirituale. La quale riassume tutte le forme della vita morale e  intellettuale dell’uomo. Non si può quindi limitare a semplici funzioni  di ordine e tutela, come voleva il liberalismo. Non è un semplice  meccanismo che limiti la sfera delle presunte libertà individuali. È  forma e norma interiore, e disciplina di tutta la persona; penetra la  volontà come l’intelligenza. Il suo principio, ispirazione centrale  dell’umana personalità vivente nella comunità civile, scende nel  profondo e si annida nel cuore dell’uomo d’azione come del pensatore,  dell’artista come dello scienziato: anima dell’anima.
XIII
Il  fascismo insomma non è soltanto datore di leggi e fondatore d’istituti,  ma educatore e promotore di vita spirituale. Vuol rifare non le forme  della vita umana, ma il contenuto, l’uomo, il carattere, la fede. E a  questo fine vuole disciplina, e autorità che scenda addentro negli  spiriti, e vi domini incontrastata. La sua insegna perciò è il fascio  littorio, simbolo dell’unità, della forza e della giustizia.
Giovanni Gentile

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