mercoledì 14 dicembre 2011
Strage a Firenze: come si strumentalizza un genocidio razziale
Quella che è accaduta oggi a Firenze è una squallida storia, sia nei fatti che nelle implicazioni che si sono susseguite, frutto di una becera e vergognosa propaganda politica. Si potrebbe inserire questo avvenimento odierno in una futura rubrica del nostro blog intitolata "Cronache di ordinaria menzogna", tanto ad essere ripetuto è sempre il solito cliché: un idiota menomato di nome Gianluca Casseri, cinquantenne, si reca in piazza Dalmazia a Firenze ed impugnando un'arma da fuoco inizia a sparare contro dei poveri disgraziati di origine senegalese uccidendone due e ferendone molti altri, per poi infine togliersi la vita da autentico vigliacco. Potrebbe sembrare uno dei tanti omicidi ad opera di un folle qualunque uscito di senno, se non fosse per una particolarità: l'uomo era iscritto all'associazione d'estrema destra Casa Pound Italia. Non solo era iscritto, ma aveva anche pubblicato degli articoli sull' "Ideodromo" di Cassa e Padella. E' bastato questo fatto, questa sua appartenenza ad un movimento d'estrema destra, per scatenare un'inferno nei media contro i perfidi, mostri, razzisti, intolleranti e assassini fascisti... Ovviamente gli utili idioti dell'area hanno subito recitato la loro parte di perfette pedine del sistema rivendicando il gesto di Casseri. L'estrema destra in rete ci ha poi *deliziati* con perle di siffatta portata: "Ha fatto bene, bisogna punire questi invasori e farli tornare nei loro paesi d'origine", "rispetto e onore" per l'autore della sparatoria, "bisogna spazzare via l'immondizia negra", "sono contento che oggi ci siano due invasori di meno" etc.
L'Italia S.p.A. nella partitocrazia plutocratica
L’alternanza, come valore irrinunciabile di ogni democrazia che volesse assistere alla crescita ed all'evoluzione dello Stato attraverso Governi che fossero, via via nel tempo, espressione delle mutevoli istanze ed esigenze della popolazione.
sabato 26 novembre 2011
Donne
Ieri, 25 Novembre è stata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. La data è stata decisa con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in memoria delle sorelle Mirabal, uccise dal "dittatore" Trujillo, perche' colpevoli di aver preso parte di un gruppo clandestino contro il regime, ed ha origine dal primo Incontro Internazionale Femminista, celebrato in Colombia, nell’anno 1980.
A prescindere dal motivo ideoligico celato dietro questa data, vorrei fermarmi sul messaggio che ieri, in tutti i media italiani, ha visto come protagoniste donne sfigurate, sanguinanti, brutalmente picchiate.
sabato 19 novembre 2011
Governo tecnico di soli tecnici
Per farlo funzionare a dovere, occorrono i tecnici.
La propaganda di questi giorni unisce la quasi totalità dell'informazione:
i tecnici ci salveranno.
Viva Monti e il Governo Tecnico.
Senza disquisire sulla composizione di questo nuovo governo, sulla sua origine oligarchica e sui suoi fini antinazionali, argomenti che abbiamo già trattato negli articoli precedenti, analizziamo l'aspetto più, per così dire, tecnico.
Questa esigenza di tecnica (è importante ribadire, tecnica), suggerisce che la via sia una ed una soltanto (l'UE), che il sistema economico sia uno ed uno soltanto (questo, il liberal-capitalismo), che il popolo, non debba avere più alcuna voce in capitolo nella realizzazione dello Stato, perché si procede su binari già costruiti che non ammettono deviazioni, pena il deragliamento. La politica insomma, può solo rallentare o velocizzare un corso obbligato. Non essendo stata la politica in grado di rispettare i tempi della disgregazione del tessuto economico e sociale dei paesi del sud Europa, in soccorso dell'alta borghesia e dell' alta finanza intervengono i tecnici.
giovedì 17 novembre 2011
Sull'antitesi e differenza tra fascismo e nazismo
Polemica col Sig. Coniglio dei "nazisti in libertà"
Che gli articoli di Primato Fascista inizino a destare fastidio e scalpore, soprattutto negli ambienti "areani", è cosa ormai risaputa. Che si stia verificando una vera e propria "corsa ai ripari" da parte di questi squallidi movimenti fintofascisti era alquanto prevedibile. Per la prima volta nella storia dopo il 1945 (eccezion fatta per alcuni nomi come Ruinas, Pini, Pisanò e Pettinato), un gruppo di fascisti autentici mette in discussione i movimenti d'estrema destra, che nell'immaginario collettivo vengono arbitrariamente accostati al fascismo, e li smascherano sconquassando le loro trame più o meno abilmente ordite con la complicità del sistema antifascista vigente! Ormai è diventato impossibile per costoro ignorare l'attività che “IlCovo” quotidianamente svolge anche su queste pagine ed altrove, il vaccino che abbiamo iniettato nel corpo malato si sta inesorabilmente diffondendo e finirà presto o tardi col debellare i parassiti nocivi. In questo caso vogliamo rispondere alle vuote chiacchiere che un tal signor Tarlo Coniglio e la sua relativa conventicola di "nazisti in libertà" vanno facendo, senza alcuna cognizione sul nostro conto e, peggio ancora, riguardo il “Fascismo” e le sue inesistenti affinità col nazismo.
giovedì 10 novembre 2011
Festival dell' ipocrisia, tra caste e crisi e schiavi.
Quest anno, in cui ricorre la 66° rassegna continua dell' ipocrisia, è senza dubbio tra i più densi di esempi a riguardo.
"POLITICI LADRI A CASA"! - Il capro espiatorio del gregge affamato.
Il vero volto dell' antifascismo di stato: i privilegi. Questione etica e morale, non economica. |
Con questo termine si vuole far riferimento al sistema di ordinamento sociale in voga in India fino alla sua indipendenza e rappresenta l' entità delle varie suddivisioni (dagli intoccabili ai sacerdoti o dirigenti) con i relativi diritti e doveri. Sistema di caste impenetrabili in cui si passa al livello superiore solo tramite reincarnazione se sussistono alcuni presupposti e meriti spirituali.
Nella politica italiana non è così, per entrare a far parte della "casta" è sufficiente avere buone conoscenze, totale assenza di ideali ed etica, attitudine a svendersi e a tradire per un piatto di lenticchie.
Da appelli alle radio, articoli di giornali e riviste, tribune televisive e lunghi monologhi in prima serata su reti nazionali e non, a gran voce tutti chiedono l' abolizione dei privilegi della "casta" e decantano la loro voglia di una vera democrazia, dichiarando quanto sia fuori luogo ragionare sull' asse destra-sinistra.
Senza mai toccare, vuoi per voluta ignoranza, malafede, deficienza di argomentazioni, il fulcro del problema che ci attanaglia dal '45, anno in cui iniziò questa farsa politichese pregna di populismi elettorali ed interessi particolari.
mercoledì 9 novembre 2011
(Anti)fascisti da stadio.
sabato 5 novembre 2011
IL PESTAGGIO COME STRATEGIA POLITICA PER GARANTIRE LA PARTITOCRAZIA!
La strategia elettorale della repubblica bananara in tempi di crisi per continuare a tiranneggiare sul popolo bove...
E' la notte tra il 2 ed il 3 novembre 2011, e siamo in un quartiere popoloso di Roma, il Quartiere "Montesacro", che è "l'espansione" dello storico e Littorio quartiere "Città Giardino". Un gioiello dell'urbanistica.
Alcuni militanti del PD, secondo quanto riportato dagli stessi, senza smentita di alcuno, stanno attaccando dei manifesti che riguardano uno stabile appartenuto alla mafia e sito in una via del quartiere già nominato. All'improvviso vengono raggiunti da una dozzina di persone con volti coperti, armati di spranghe e bastoni. Questo gruppo si avventa sugli attacchini al grido di "uccidete i comunisti". Questi sono i fatti, riportati ufficialmente dagli aggrediti. Gli aggrediti, però, specificano che questo pestaggio è operato da militanti di Casa Pound alias "Cassa e Padella" . Il principale aggredito, Marchionne ( nome singolare, vero?), capogruppo del PD del Quartiere, identifica addirittura il nome del "Capo Squadra" degli aggressori. Tale Alberto Palladini di CP ( link ).
Ebbene, a questa versione, segue un comunicato di CP che ovviamente nega ogni addebito, e che rigira l'accusa ai militanti del PD, citando un episodio criminale avvenuto contro il Palladini stesso, vittima, a loro dire, di un attentato operato da estremisti di sinistra ( link ). CP, quindi, addebita la "diffamazione" attuale alla attività solidaristica che la stessa svolge e che per questo susciterebbe le "invidie" dei dirimpettai.
giovedì 3 novembre 2011
La nostra intransigenza!
Perché l’intransigenza ideologica?
Chi ci conosce e segue da tempo ormai ha cominciato a familiarizzare col nostro linguaggio aspro ma sincero e con la nostra linea di condotta politica cristallina che ci distinguono, unici e perciò stesso rivoluzionari rispetto al becero conformismo di marca destrorsa e missina che serpeggia negli ambienti della cosiddetta area radical-destrorsa fintofascista. La parola d'ordine di noi fascisti, di noi pochi autentici e sinceri e perciò tanto più degni di questo nome, oggi si può e si deve riassumere in due semplici parole: intransigenza dottrinaria! E’ una scelta politica e ideologica che ha causato le ire e gli attacchi da parte di parecchi “detrattori”. Ci ha portato numerosi nemici ma anche una sensibile crescita di consenso da parte di chi, disgustato dall’inconsistenza politica morale e materiale dell'area fintofascista, non riconoscendosi più in essa, ha aderito alla nostra scelta come unica e sola alternativa credibile al nulla che ci circonda. L’intransigenza dottrinaria rappresenta il nostro vessillo, la necessaria linea di pensiero e d’azione per depurare il Fascismo dalle contaminazioni dei troppi impostori svendutisi al sistema che pensavano di cambiare le carte in tavola e di infangare la nostra Dottrina con la prassi politica dei gruppi d’estrema destra e dei giochetti elettoralistici della partitocrazia antifascista a noi estranei.
mercoledì 26 ottobre 2011
Benvenuto ai libici tra i sudditi NATO
Ribelli in festa durante la proclamazione della "liberazione" |
Sarebbe dovuta durare un paio di settimane, lo diceva anche la Merkel, ma si sa che quando i tedeschi parlano di guerra lampo non vanno presi troppo sul serio. Fortunatamente la Germania ha evitato di prendere parte a questo scempio.
La causa scatenante la rivolta è stata ufficialmente la repressione attuata dalle forze governative sul popolo che protestava per avere più libertà.
In seguito i generosi membri della NATO su consiglio del misericordioso ONU e spalleggiati dai proletari Emirati Arabi hanno deciso di istituire una NO-FLY-ZONE sulla Libia al fine di impedire agli aerei del rais di sorvolare il territorio bombardando i civili.
Azione che, come dice la locuzione stessa "no fly zone" consiste nel vietare il sorvolo del territorio pena l' abbattimento.
Da ciò, non è ben chiaro in base a quale principio, si è giunti a bombardare strutture strategiche militari e civili, e, come spesso capita in questi casi, colpire anche edifici abitati. Errori che capitano, niente più che marachelle taciute delle quali nessuno è responsabile. Insomma, veri e propri crimini di guerra come al solito impuniti perché ad averli commessi sono i giusti, i buoni, coloro che esportano il loro modello di democrazia basato sul capitalismo e che inviano commando di forze speciali dove ritengono più opportuno. Il capitalismo si sa, per rimanere in vita ha sempre bisogno di trovare terre vergini in cui impiantare le proprie marce radici.
martedì 18 ottobre 2011
Scacchisti e pedine: il fallimento della manifestazione degli "indignati"
Lo spettro dei fatti del G8 di Genova viene così ancora una volta tenuto vivo nei ricordi del popolo italiano ed il clima appositamente fomentato lo ricalca in pieno in un atmosfera da moderni anni di piombo.
Le immagini che più colpiscono la sensibilità del popolo e che vengono proposte come icone simbolo della giornata in questione sono senz' altro quelle che ritraggono una statua della Vergine Maria distrutta e vilipesa ed una camionetta dei carabinieri data alle fiamme.
Immagini che destano automaticamente (e volutamente!) sdegno verso i manifestanti e di rimando automatica solidarietà verso le autorità dello "stato".
E' trascorso ormai più di un secolo, da quando le manifestazioni pericolose venivano represse fisicamente con l' ausilio dell' esercito. Emblematica è ad esempio l' azione del generale Bava Beccaris che arrivò al punto di sparare cannonate sulla folla causando decine di morti, un atto criminoso che gli valse la decorazione del re Umberto I che fu per questo assassinato dall' anarchico Gaetano Bresci. Nell' età moderna lo stato liberale, oseremmo dire suo malgrado, non può più ricorrere a simili azioni perciò ha attuato nuove tattiche, diverse e più "raffinate", perfezionate nel tempo e con l' esperienza.
giovedì 13 ottobre 2011
Indignati... dal 1945
Fin dai primi istanti ogni partito, ogni politicante, ogni fazione ha fatto il possibile per sfruttare l' insurrezione pacifica a proprio favore, dall' estrema destra all' estrema sinistra ogni servo ha richiamato a gran voce la titolarità delle proteste.
In seguito il peggiorare della situazione, la crisi greca e l'incertezza politico-finanziaria italiana, lo spauracchio del default e del crollo dell' euro, hanno portato queste manifestazioni in tutte le capitali dell' occidente, fino a Wall Street, simbolo del potere bancario.
Culminando in questi giorni, precisamente Sabato 15 Ottobre quando decine di migliaia di indignati manifesteranno, a detta dei media, in più di 400 piazze.
Più volte i media riportano come questi eventi siano direttamente collegati alla cosiddetta "primavera araba", che oltre a non aver rivoluzionato nulla ha prodotto una sanguinosa guerra civile in Libia tutt'ora in corso.
Il movimento degli indignati non nasce per combattere uno stato repressivo e per reclamare diritti civili, bensì per reclamare quei diritti sociali sempre meno valorizzati come il diritto al lavoro e il diritto alla dignità.
Democrazia diretta, rifiuto della partitocrazia e della corruttela, potere a chi produce, dignità del lavoro, capitale strumento dell' Uomo e non viceversa.
Elementi rivoluzionari del quale il Fascismo è stato anticipatore assoluto e motivo per cui è stato ferocemente combattuto fin dagli anni '30 dalle plutocrazie occidentali.
Ma tutti fanno orecchie da mercante e il pregiudizio vince sulla ragione.
mercoledì 5 ottobre 2011
Come e perché il rifornimento costa sempre di più.
sabato 1 ottobre 2011
Wikipedia, l' enciclopedia libera... di inventare. #1
mercoledì 28 settembre 2011
Italia (s)vendesi
Liberalizzare e privatizzare
venerdì 23 settembre 2011
Ostaggi dimenticati
Savina Caylin e Rosalia D'Amato.
venerdì 16 settembre 2011
Ammorbati dal "ducismo"
giovedì 8 settembre 2011
mercoledì 7 settembre 2011
Movimento Fascismo e Libertà, Nazional-Socialismo in maschera
“Noi possiamo guardare con un sovrano disprezzo talune dottrine d'oltralpe, di gente che ignorava la scrittura con la quale tramandare i documenti della propria vita, in un tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio ed Augusto."
Dal discorso di S.E. Benito Mussolini a Bari il 6 settembre 1934- XII E.F.
E' inammissibile che un partito che si dichiari Fascista abbia rapporti politici con movimenti come l' americano "NSM88" che declama "Fighting for White Civil Rights" facendo non solo del discorso razziale, ma anche delle distinzioni superficiali come il colore della pelle, il proprio motivo d'azione.
"Di tutti coloro che dalla natura e dalla storia, etnicamente, traggono ragione di formare una nazione, avviati sopra la stessa linea di sviluppo e formazione spirituale, come una coscienza e una volontà sola. Non razza, nè regione geograficamente individuata, ma schiatta storicamente perpetuantesi, moltitudine unificata da un'idea, che è volontà di esistenza e di potenza: coscienza di sé, personalità."Dall' Art. 9 della Dottrina del Fascismo
"Non cercate altrove, guardate al fascismo, imparate a conoscerlo e lo amerete, studiatelo e diventerà la vostra idea. Né per voi sarà mai una catena ma un vincolo d’amore verso una creazione più grande dell’umanità. Esso sarà per voi e per tutti l’alba di un nuovo giorno"
Niccolò Giani, fondatore della Scuola di Mistica Fascista e Martire in guerra
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"Che in Italia si faccia del razzismo e dell' antisemitismo è cosa tanto importante nella sua apparenza politica quanto priva di peso nella sua sostanza reale. La purità della razza in questo popolo sul quale sono passate tante invasioni e che ha assorbito tante genti dai quattro punti cardinali, e il pericolo semita in una Nazione come la nostra dove perfino l' alta finanza, e perfino se manovrata dagli ebrei, non può non diventare qualcosa di cattolico, sono evidentemente fandonie da lasciar scrivere a certi zelatori. Se le circostanze mi avessero portato a un Asse Roma-Mosca anziché a un Asse Roma-Berlino, avrei forse ammannito ai lavoratori italiani, intenti alla loro fatica con tanta alacrità e però con un distacco che i razzisti potrebbero chiamare mediterraneo, l' equivalente fandonia dell' etica stakanovista"Benito Mussolini
domenica 28 agosto 2011
Forza Nuova nemica reazionaria del Fascismo mussoliniano
Il simbolo del partito nazionaldemocratico tedesco (Nationaldemokratische Partei Deutschlands) |
In questa intervista i leader di FN affermano chiaramente di non essere fascisti, ma cattolici. |
Il Fascismo rivoluzionario contro i forzanovisti reazionari e borghesi
A questo punto sono chiare e palesi le differenza abissali che esistono tra l'Ideologia Fascista e l'Ideologia forzanovista, che è un miscuglio di idee reazionarie, tradizionaliste e cattoliche. I nuclei di base di Forza Nuova, al pari di quelli della Legione di San Michele Arcangelo, vengono chiamati "cuib". “L’appartenenza al CUIB - si legge nel codice militante - deve diffidare dall’attuale magma islamico il quale figlio caotico del cancro sionista offende la dignità, lo spirito e la storia europea. La fede ci unisce e nel tradizionalismo cattolico troviamo i cardini della nazione europea: Dio, Patria e Famiglia”. In queste poche parole si sintetizza la natura profondamente reazionaria e tradizionalista di Forza Nuova, che trae i suoi punti di riferimento principali in Codreanu e in Julius Evola. Ma né Evola né Codreanu furono fascisti, il primo per sua stessa ammissione il secondo per esplicita ammissione di Mussolini. Allo stesso modo il Fascismo non è si mai, e sottolineiamo MAI, definito come un partito o una ideologica cattolica tradizionalista. La posizione fascista è quella di rispetto verso tutte le religioni, di difesa e protezione verso la religione dominante di un determinato popolo. Per questo motivo al Concordato del 1929 seguì la politica filo-islamica del fascismo nelle colonie, in Libia dove Mussolini venne acclamato quale "protettore dell'islam". Dopo l'annessione all'Italia dell'Albania, con il conseguente aumento di cittadini dell'Impero di fede musulmana, Mussolini pensò addirittura alla costruzione di una moschea a Roma. Ecco come Galeazzo Ciano, nel suo diario in data 11 aprile 1939, ricorda l'episodio:
“Comunico a Pignatti la decisione del Duce di erigere una moschea a Roma, in considerazione del fatto che ormai ben 6 milioni di sudditi italiani sono musulmani. Pignatti mi riferisce, dopo aver parlato con Maglione, che in Vaticano sono costernati di questa idea, che è contraria all’articolo 1 del Concordato. Ma il Duce è deciso ed è molto spinto anche dal Re, che è sempre all’avanguardia allorché si tratta di fare una politica anticlericale”
E dunque Mussolini, piaccia o meno ai tradizionalisti cattolici di tutte le logge, voleva una moschea nel cuore della cristianità. Allo stesso modo la posizione Fascista diverge dalle altre battaglie xenofobe e reazionarie di Forza Nuova basate sull'identità nazionalistica e sciovinista di "sangue e suolo". Per il fascismo anche un negro può divenire cittadino italiano a tutti gli effetti se sottoposto al progetto pedagogico educativo svolto dallo Stato Fascista. Infatti gli Ascari che combattevano in Africa Orientale al fianco del Regio Esercito erano considerati italiani a tutti gli effetti. Allo stesso modo la lotta contro l'immigrazione, la violenza gratuita, il razzismo, il tradizionalismo sono cose che non ci appartengono. Noi fascisti abbiamo una ideologia organica e coerente elaborata da Benito Mussolini e Giovanni Gentile, non abbiamo un miscuglio eterogeneo di posizioni prese in prestito dalle più svariate correnti della reazione europea. Il fine ultimo della nostra azione è lo Stato Etico Corporativo, di cui Forza Nuova e gli altri gruppi della destra radicale ne costituiscono l'esatta antitesi.
giovedì 25 agosto 2011
Manifesto degli intellettuali Fascisti
Il Fascismo è un movimento recente ed antico dello spirito italiano, intimamente connesso alla storia della Nazione italiana, ma non privo di significato e interesse per tutte le altre.
Le sue origini prossime risalgono al 1919, quando intorno a Benito Mussolini si raccolse un manipolo di uomini reduci dalle trincee e risoluti a combattere energicamente la politica demosocialista allora imperante. La quale della grande guerra, da cui il popolo italiano era uscito vittorioso ma spossato, vedeva soltanto le immediate conseguenze materiali e lasciava disperdere se non lo negava apertamente il valore morale rappresentandola agli italiani da un punto di vista grettamente individualistico e utilitaristico come somma di sacrifici, di cui ognuno per parte sua doveva essere compensato in proporzione del danno sofferto, donde una presuntuosa e minacciosa contrapposizione dei privati allo Stato, un disconoscimento della sua autorità, un abbassamento del prestigio del Re e dell'Esercito, simboli della Nazione soprastanti agli individui e alle categorie particolari dei cittadini e un disfrenarsi delle passioni e degl'istinti inferiori, fomento di disgregazione sociale, di degenerazione morale, di egoistico e incosciente spirito di rivolta a ogni legge e disciplina.
L'individuo contro lo Stato; espressione tipica dell'aspetto politico della corruttela degli anni insofferenti di ogni superiore norma di vita umana che vigorosamente regga e contenga i sentimenti e i pensieri dei singoli.
Il Fascismo pertanto alle sue origini fu un movimento politico e morale. La politica sentì e propugnò come palestra di abnegazione e sacrificio dell'individuo a un'idea in cui l'individuo possa trovare la sua ragione di vita, la sua libertà e ogni suo diritto; idea che è Patria, come ideale che si viene realizzando storicamente senza mai esaurirsi, tradizione storica determinata e individuata di civiltà ma tradizione che nella coscienza del cittadino, lungi dal restare morta memoria del passato, si fa personalità consapevole di un fine da attuare, tradizione perciò e missione.
Di qui il carattere religioso del Fascismo.
Questo carattere religioso e perciò intransigente, spiega il metodo di lotta seguito dal Fascismo nei quattro anni dal '19 al '22.
I fascisti erano minoranza, nel Paese e in Parlamento, dove entrarono, piccolo nucleo, con le elezioni del 1921.
Lo Stato costituzionale era perciò, e doveva essere, antifascista, poiché era lo Stato della maggioranza, e il fascismo aveva contro di sé appunto questo Stato che si diceva liberale; ed era liberale, ma del liberalismo agnostico e abdicatorio, che non conosce se non la libertà esteriore.
Lo Stato che è liberale perché si ritiene estraneo alla coscienza del libero cittadino, quasi meccanico sistema di fronte all'attività dei singoli.
Non era perciò, evidentemente, lo Stato vagheggiato dai socialisti, quantunque i rappresentanti dell'ibrido socialismo democratizzante e parlamentaristico, si fossero, anche in Italia, venuti adattando a codesta concezione individualistica della concezione politica.
Ma non era neanche lo Stato, la cui idea aveva potentemente operato nel periodo eroico italiano del nostro Risorgimento, quando lo Stato era sorto dall'opera di ristrette minoranze, forti della forza di una idea alla quale gl'individui si erano in diversi modi piegati e si era fondato col grande programma di fare gli italiani, dopo aver dato loro l'indipendenza e l'unità.
Contro tale Stato il Fascismo si accampò anch'esso con la forza della sua idea la quale, grazie al fascino che esercita sempre ogni idea religiosa che inviti al sacrificio, attrasse intorno a sé un numero rapidamente crescente di giovani e fu il partito dei giovani (come dopo i moti del '31 da analogo bisogno politico e morale era sorta la "Giovane Italia" di Giuseppe Mazzini).
Questo partito ebbe anche il suo inno della giovinezza che venne cantato dai fascisti con gioia di cuore esultante!
E cominciò a essere, come la "Giovane Italia" mazziniana, la fede di tutti gli Italiani sdegnosi del passato e bramosi del rinnovamento.
Fede, come ogni fede che urti contro una realtà costituita da infrangere e fondere nel crogiolo delle nuove energie e riplasmare in conformità del nuovo ideale ardente e intransigente.
Era la fede stessa maturatasi nelle trincee e nel ripensamento intenso del sacrificio consumatosi nei campi di battaglia pel solo fine che potesse giustificarlo: la vita e la grandezza della Patria.
Fede energica, violenta, non disposta a nulla rispettare che opponesse alla vita, alla grandezza della Patria.
Sorse così lo squadrismo. Giovani risoluti, armati, indossanti la camicia nera, ordinati militarmente, si misero contro la legge per instaurare una nuova legge, forza armata contro lo Stato per fondare il nuovo Stato.
Lo squadrismo agì contro le forze disgregatrici antinazionali, la cui attività culminò nello sciopero generale del luglio 1922 e finalmente osò l'insurrezione del 28 ottobre 1922, quando colonne armate di fascisti, dopo avere occupato gli edifici pubblici delle province, marciarono su Roma.
La Marcia su Roma, nei giorni in cui fu compiuta e prima, ebbe i suoi morti, soprattutto nella Valle Padana. Essa, come in tutti i fatti audaci di alto contenuto morale, si compì dapprima fra la meraviglia e poi l'ammirazione e infine il plauso universale.
Onde parve che a un tratto il popolo italiano avesse ritrovato la sua unanimità entusiastica della vigilia della guerra, ma più vibrante per la coscienza della vittoria già riportata e della nuova onda di fede ristoratrice venuta a rianimare la Nazione vittoriosa sulla nuova via faticosa della urgente restaurazione della sue forze finanziarie e morali.
Codesta Patria è pure riconsacrazione delle tradizioni e degli istituti che sono la costanza della civiltà, nel flusso e nella perennità delle tradizioni.
Ed è scintilla di subordinazione di ciò che è particolare ed inferiore a ciò che è universale ed immortale, è rispetto della legge e disciplina, è libertà ma libertà da conquistare attraverso la legge, che si instaura con la rinuncia a tutto ciò che è piccolo arbitrio e velleità irragionevole e dissipatrice.
E' concezione austera della vita, è serietà religiosa, che non distingue la teoria dalla pratica, il dire dal fare, e non dipinge ideali magnifici per relegarli fuori di questo mondo, dove intanto si possa continuare a vivere vilmente e miseramente, ma è duro sforzo di idealizzare la vita ed esprimere i propri convincimenti nella stessa azione o con parole che siano esse stesse azioni.
mercoledì 24 agosto 2011
Movimento "responsabilità nazionale" copia Manifesto degli intellettuali Fascisti.
A conclusione della prima riunione degli intellettuali aderenti al Fascismo avvenuta a Bologna nel marzo 1925, fu redatto un documento attestante le volontà e le posizioni dei partecipanti.
Venne sottoscritto da duecentocinquanta personaggi di spicco nel campo della cultura, dell' arte, della scienza, della filosofia e della letteratura, tra cui possiamo ricordare Giovanni Gentile (filosofo e ideologo del Fascismo insieme a Mussolini), Ungaretti e Pirandello.
Potete leggerlo integralmente qui: manifesto degli intellettuali fascisti
Il Movimento di responsabilità nazionale invece è composto da un gruppo di politicanti transfughi dal centro-sinistra al centro-destra e accomunati solo dall' aver dato il voto di fiducia a Berlusconi permettendogli di proseguire la legislatura nel dicembre 2010, guidati dall' Onorevole Scilipoti, proposto da Gaetano Saya, rifondatore del MSI-Dn e leader del Partito Nazionalista Italiano, come segretario nazionale del rifondato partito.
Proposta poi decaduta per la volontà di Scilipoti di proseguire nel proprio movimento.
Anche loro hanno deciso di redigere un loro manifesto:
manifesto movimento di responsabilità nazionale
Quindi, cosa c'è di anomalo?
Che con molta poca fantasia, hanno ben pensato di ispirarsi al documenti del '25, ad esempio:
Manifesto intellettuali degli fascisti:
"Il Fascismo è un movimento recente ed antico dello spirito italiano, intimamente connesso alla storia della Nazione italiana, ma non privo di significato e interesse per tutte le altre"
Manifesto dei "responsabili":
"Responsabilità Nazionale è il movimento recente ed antico dello spirito italiano, internamente connesso alla storia della Nazione Italiana."
Coincidenza?
Manifesto intellettuali fascisti:
"E' concezione austera della vita, è serietà religiosa, che non distingue la teoria dalla pratica, il dire dal fare, e non dipinge ideali magnifici per relegarli fuori di questo mondo, dove intanto si possa continuare a vivere vilmente e miseramente, ma è duro sforzo di idealizzare la vita ed esprimere i propri convincimenti nella stessa azione o con parole che siano esse stesse azioni."
Manifesto dei "responsabili":
"Responsabilità è concezione austera della vita, non incline al compromesso, ma duro sforzo per esprimere i propri convincimenti facendo sì che alle parole seguano le azioni."
Dietro a questo abuso cosa si cela? La volontà di catturare le simpatie di qualche sprovveduto fintofascista o di creare ulteriore confusione tra la gente riguardo il Fascismo?
Può essere entrambe le cose, la politica non ha che da guadagnarci.
venerdì 12 agosto 2011
Dottrina del Fascismo 1933-XI E.F.
Come ogni salda concezione politica, il fascismo è prassi ed è pensiero, azione a cui è immanente una dottrina, e dottrina che, sorgendo da un dato sistema di forze storiche, vi resta inserita e vi opera dal di dentro. Ha quindi una forma correlativa alle contingenze di luogo e di tempo, ma ha insieme un contenuto ideale che la eleva a formula di verità nella storia superiore del pensiero. Non si agisce spiritualmente nel mondo come volontà umana dominatrice di volontà senza un concetto della realtà transeunte e particolare su cui bisogna agire, e della realtà permanente e universale in cui la prima ha il suo essere e la sua vita. Per conoscere gli uomini bisogna conoscere l'uomo; e per conoscere l'uomo bisogna conoscere la realtà e le sue leggi. Non c'è concetto dello stato che non sia fondamentalmente concetto della vita: filosofia o intuizione, sistema di idee che si svolge in una costruzione logica o si raccoglie in una visione o in una fede, ma è sempre, almeno virtualmente, una concezione organica del mondo.
Così il fascismo non si intenderebbe in molti dei suoi atteggiamenti pratici, come organizzazione di partito, come sistema di educazione, come disciplina, se non si guardasse alla luce del suo modo generale di concepire la vita. Modo spiritualistico. Il mondo per il fascismo non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l'uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo. L'uomo del fascismo è individuo che è nazione e patria, legge morale che stringe insieme individui e generazioni in una tradizione e in una missione, che sopprime l'istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l’individuo, attraverso l'abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell'esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo.
Dunque concezione spiritualistica, sorta anche essa dalla generale reazione del secolo contro il fiacco e materialistico positivismo dell'Ottocento. Antipositivistica, ma positiva: non scettica, né agnostica, né pessimistica, né passivamente ottimistica, come sono in generale le dottrine (tutte negative) che pongono il centro della vita fuori dell'uomo, che con la sua libera volontà può e deve crearsi il suo mondo. Il fascismo vuole l'uomo attivo e impegnato nell'azione con tutte le sue energie: lo vuole virilmente consapevole delle difficoltà che ci sono, e pronto ad affrontarle. Concepisce la vita come lotta pensando che spetti all'uomo conquistarsi quella che sia veramente degna di lui, creando prima di tutto in sé stesso lo strumento (fisico, morale, intellettuale) per edificarla. Così per l'individuo singolo, così per la nazione, così per l'umanità. Quindi l'alto valore della cultura in tutte le sue forme - arte, religione, scienza - e l'importanza grandissima dell'educazione. Quindi anche il valore essenziale del lavoro, con cui l'uomo vince la natura e crea il mondo umano (economico, politico, morale, intellettuale).
Questa concezione positiva della vita è evidentemente una concezione etica. E investe tutta la realtà, nonché l'attività umana che la signoreggia. Nessuna azione sottratta al giudizio morale; niente al mondo che si possa spogliare del valore che a tutto compete in ordine ai fini morali. La vita perciò quale la concepisce il fascista è seria, austera, religiosa: tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello spirito. Il fascista disdegna la vita «comoda».
Il fascismo è una concezione religiosa, in cui l'uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale. Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il fascismo, oltre a essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero.
Il fascismo è una concezione storica, nella quale l'uomo non è quello che è se non in funzione del processo spirituale a cui concorre, nel gruppo familiare e sociale, nella nazione e nella storia, a cui tutte le nazioni collaborano. Donde il gran valore della tradizione nelle memorie, nella lingua, nei costumi, nelle norme del vivere sociale. Fuori della storia 1'uomo è nulla. Perciò il fascismo è contro tutte le astrazioni individualistiche, a base materialistica, tipo sec. XVIII; ed è contro tutte le utopie e le innovazioni giacobine. Esso non crede possibile la «felicità» sulla terra come fu nel desiderio della letteratura economicistica del `700, e quindi respinge tutte le concezioni teleologiche per cui a un certo periodo della storia ci sarebbe una sistemazione definitiva del genere umano. Questo significa mettersi fuori della storia e della vita che è continuo fluire e divenire. Il fascismo politicamente vuol essere una dottrina realistica; praticamente, aspira a risolvere solo i problemi che si pongono storicamente da sé e che da sé trovano o suggeriscono la propria soluzione. Per agire tra gli uomini, come nella natura, bisogna entrare nel processo della realtà e impadronirsi delle forze in atto.
Antiindividualistica, la concezione fascista è per lo Stato; ed è per l'individuo in quanto esso coincide con lo Stato, coscienza e volontà universale dell'uomo nella sua esistenza storica. E' contro il liberalismo classico, che sorse dal bisogno di reagire all'assolutismo e ha esaurito la sua funzione storica da quando lo Stato si è trasformato nella stessa coscienza e volontà popolare. Il liberalismo negava lo Stato nell'interesse dell'individuo particolare; il fascismo riafferma lo Stato come la realtà vera dell'individuo. E se la libertà dev'essere l'attributo dell'uomo reale, e non di quell'astratto fantoccio a cui pensava il liberalismo individualistico, il fascismo è per la libertà. E' per la sola libertà che possa essere una cosa seria, la libertà dello Stato e dell'individuo nello Stato. Giacché, per il fascista, tutto è nello Stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello Stato. In tal senso il fascismo è totalitario, e lo Stato fascista, sintesi e unità di ogni valore, interpreta, sviluppa e potenzia tutta la vita del popolo.
Né individui fuori dello Stato, né gruppi (partiti politici, associazioni, sindacati, classi). Perciò il fascismo è contro il socialismo che irrigidisce il movimento storico nella lotta di classe e ignora l'unità statale che le classi fonde in una sola realtà economica e morale; e analogamente, è contro il sindacalismo classista. Ma nell'orbita dello Stato ordinatore, le reali esigenze da cui trasse origine il movimento socialista e sindacalista, il fascismo le vuole riconosciute e le fa valere nel sistema corporativo degli interessi conciliati nell'unità dello Stato.
Gli individui sono classi secondo le categorie degli interessi; sono sindacati secondo le differenziate attività economiche cointeressate; ma sono prima di tutto e soprattutto Stato. Il quale non è numero, come somma d'individui formanti la maggioranza di un popolo. E perciò il fascismo è contro la democrazia che ragguaglia il popolo al maggior numero abbassandolo al livello dei più; ma è la forma più schietta di democrazia se il popolo è concepito, come dev'essere, qualitativamente e non quantitativamente, come l'idea più potente perché più morale, più coerente, più vera, che nel popolo si attua quale coscienza e volontà di pochi, anzi di Uno, e quale ideale tende ad attuarsi nella coscienza e volontà di tutti. Di tutti coloro che dalla natura e dalla storia, etnicamente, traggono ragione di formare una nazione, avviati sopra la stessa linea di sviluppo e formazione spirituale, come una coscienza e una volontà sola. Non razza, nè regione geograficamente individuata, ma schiatta storicamente perpetuantesi, moltitudine unificata da un'idea, che è volontà di esistenza e di potenza: coscienza di sé, personalità.
Questa personalità superiore è bensì nazione in quanto è Stato. Non è la nazione a generare lo Stato, secondo il vieto concetto naturalistico che servì di base alla pubblicistica degli Stati nazionali nel secolo XIX. Anzi la nazione è creata dallo Stato, che dà al popolo, consapevole della propria unità morale, una volontà, e quindi un'effettiva esistenza. Il diritto di una nazione all'indipendenza deriva non da una letteraria e ideale coscienza del proprio essere, e tanto meno da una situazione di fatto più o meno inconsapevole e inerte, ma da una coscienza attiva, da una volontà politica in atto e disposta a dimostrare il proprio diritto: cioè, da una sorta di Stato già in fieri. Lo Stato infatti, come volontà etica universale, è creatore del diritto.
La nazione come Stato è una realtà etica che esiste e vive in quanto si sviluppa. Il suo arresto è la sua morte. Perciò lo Stato non solo è autorità che governa e dà forma di legge e valore di vita spirituale alle volontà individuali, ma è anche potenza che fa valere la sua volontà all'esterno, facendola riconoscere e rispettare, ossia dimostrandone col fatto l'universalità in tutte le determinazioni necessarie del suo svolgimento. E perciò organizzazione ed espansione, almeno virtuale. Cosi può adeguarsi alla natura dell'umana volontà, che nel suo sviluppo non conosce barriere, e che si realizza provando la propria infinità.
Lo Stato fascista, forma più alta e potente della personalità, è forza, ma spirituale. La quale riassume tutte le forme della vita morale e intellettuale dell'uomo. Non si può quindi limitare a semplici funzioni di ordine e tutela, come voleva il liberalismo. Non è un semplice meccanismo che limiti la sfera delle presunte libertà individuali. È forma e norma interiore, e disciplina di tutta la persona; penetra la volontà come l'intelligenza. Il suo principio, ispirazione centrale dell'umana personalità vivente nella comunità civile, scende nel profondo e si annida nel cuore dell'uomo d'azione come del pensatore, dell'artista come dello scienziato: anima dell'anima.
Il fascismo insomma non è soltanto datore di leggi e fondatore d'istituti, ma educatore e promotore di vita spirituale. Vuoi rifare non le forme della vita umana, ma il contenuto, l'uomo, il carattere, la fede. E a questo fine vuole disciplina, e autorità che scenda addentro negli spiriti, e vi domini incontrastata. La sua insegna perciò è il fascio littorio, simbolo dell'unità, della forza e della giustizia.
Quando, nell'ormai lontano marzo del 1919, dalle colonne del Popolo d’Italia io convocai a Milano i superstiti interventisti-intervenuti, che mi avevano seguito sin dalla costituzione dei Fasci d'azione rivoluzionaria - avvenuta nel gennaio del 1915 -, non c'era nessuno specifico piano dottrinale nel mio spirito. Di una sola dottrina io recavo l'esperienza vissuta: quella del socialismo dal 1903-04 sino all'inverno del 1914: circa un decennio. Esperienza di gregario e di capo, ma non esperienza dottrinale. La mia dottrina, anche in quel periodo, era stata la dottrina dell'azione. Una dottrina univoca, universalmente accettata, del socialismo non esisteva più sin dal 1905, quando cominciò in Germania il movimento revisionista facente capo al Bernstein e per contro si formò, nell'altalena delle tendenze, un movimento di sinistra rivoluzionario, che in Italia non uscì mai dal campo delle frasi, mentre, nel socialismo russo, fu il preludio del bolscevismo. Riformismo, rivoluzionarismo, centrismo, di questa terminologia anche gli echi sono spenti, mentre nel grande fiume del fascismo troverete i filoni che si dipartirono dal Sorel, dal Lagardelle del Mouvement Socialiste, dal Péguy, e dalla coorte dei sindacalisti italiani, che tra il 1904 e il 1914 portarono una nota di novità nell'ambiente socialistico italiano, già svirilizzato e cloroformizzato dalla fornicazione giolittiana, con le Pagine libere di Olivetti, La Lupa di Orano, il Divenire sociale di Enrico Leone. Nel 1919, finita la guerra, il socialismo era già morto come dottrina: esisteva solo come rancore, aveva ancora una sola possibilità, specialmente in Italia, la rappresaglia contro coloro che avevano voluto la guerra e che dovevano «espiarla». Il Popolo d’Italia recava nel sottotitolo «quotidiano dei combattenti e dei produttori». La parola «produttori» era già l'espressione di un indirizzo mentale. Il fascismo non fu tenuto a balia da una dottrina elaborata in precedenza, a tavolino: nacque da un bisogno di azione e fu azione; non fu partito, ma, nei primi due anni, antipartito e movimento. Il nome che io diedi all'organizzazione, ne fissava i caratteri. Eppure chi rilegga, nei fogli oramai gualciti dell'epoca, il resoconto dell'adunata costitutiva dei Fasci italiani di combattimento, non troverà una dottrina, ma una serie di spunti, di anticipazioni, di accenni, che, liberati dall'inevitabile ganga delle contingenze, dovevano poi, dopo alcuni anni, svilupparsi in una serie di posizioni dottrinali, che facevano del fascismo una dottrina politica a sé stante, in confronto di tutte le altre e passate e contemporanee.«Se la borghesia, dicevo allora, crede di trovare in noi dei parafulmini si inganna. Noi dobbiamo andare incontro al lavoro... Vogliamo abituare le classi operaie alla capacità direttiva, anche per convincerle che non è facile mandare avanti una industria o un commercio... Combatteremo il retroguardismo tecnico e spirituale... Aperta la successione del regime noi non dobbiamo essere degli imbelli. Dobbiamo correre; se il regime sarà superato saremo noi che dovremo occupare il suo posto. Il diritto di successione ci viene perché spingemmo il paese alla guerra e lo conducemmo alla vittoria. L'attuale rappresentanza politica non ci può bastare, vogliamo una rappresentanza diretta dei singoli interessi... Si potrebbe dire contro questo programma che si ritorna alle corporazioni. Non importa!... Vorrei perciò che l'assemblea accettasse le rivendicazioni del sindacalismo nazionale dal punto di vista economico»... Non è singolare che sin dalla prima giornata di Piazza San Sepolcro risuoni la parola «corporazione» che doveva, nel corso della Rivoluzione, significare una delle creazioni legislative e sociali alla base del regime?
Gli anni che precedettero la marcia su Roma, furono anni durante i quali le necessità dell'azione non tollerarono indagini o complete elaborazioni dottrinali. Si battagliava nelle città e nei villaggi. Si discuteva, ma - quel ch'è più sacro e importante - si moriva. Si sapeva morire. La dottrina - bell'e formata, con divisione di capitoli e paragrafi e contorno di elucubrazioni - poteva mancare; ma c'era a sostituirla qualche cosa di più decisivo: la fede. Purtuttavia, a chi rimemori sulla scorta dei libri, degli articoli, dei voti dei congressi, dei discorsi maggiori e minori, chi sappia indagare e scegliere, troverà che i fondamenti della dottrina furono gettati mentre infuriava la battaglia. È precisamente in quegli anni, che anche il pensiero fascista si arma, si raffina, procede verso una sua organizzazione. I problemi dell'individuo e dello Stato; i problemi dell'autorità e della libertà; i problemi politici e sociali e quelli più specificatamente nazionali; la lotta contro le dottrine liberali, democratiche, socialistiche, massoniche, popolaresche fu condotta contemporaneamente alle «spedizioni punitive». Ma poiché mancò il «sistema» si negò dagli avversarii in malafede al fascismo ogni capacità di dottrina, mentre la dottrina veniva sorgendo, sia pure tumultuosamente dapprima sotto l'aspetto di una negazione violenta e dogmatica come accade di tutte le idee che esordiscono, poi sotto l’aspetto positivo di una costruzione che trovava, successivamente negli anni 1926, `27 e `28, la sua realizzazione nelle leggi e negli istituti del regime. Il fascismo è oggi nettamente individuato non solo come regime ma come dottrina. Questa parola va interpretata nel senso che oggi il fascismo esercitando la sua critica su se stesso e sugli altri, ha un suo proprio inconfondibile punto di vista, di riferimento - e quindi di direzione - dinnanzi a tutti i problemi che angustiano, nelle cose o nelle intelligenze, i popoli del mondo.
Anzitutto il fascismo, per quanto riguarda, in generale, l'avvenire e lo sviluppo dell'umanità, e a parte ogni considerazione di politica attuale, non crede alla possibilità né all'utilità della pace perpetua. Respinge quindi il pacifismo che nasconde una rinuncia alla lotta e una viltà - di fronte al sacrificio. Solo la guerra porta al massimo di tensione tutte le energie umane e imprime un sigillo di nobiltà ai popoli che hanno la virtù di affrontarla. Tutte le altre prove sono dei sostituti, che non pongono mai l'uomo di fronte a se stesso, nell'alternativa della vita e della morte. Una dottrina, quindi, che parta dal postulato pregiudiziale della pace, è estranea al fascismo cosi come estranee allo spirito del fascismo, anche se accettate per quel tanto di utilità che possano avere in determinate situazioni politiche, sono tutte le costruzioni internazionalistiche e societarie, le quali, come la storia dimostra, si possono disperdere al vento quando elementi sentimentali, ideali e pratici muovono a tempesta il cuore dei popoli. Questo spirito anti-pacifista, il fascismo lo trasporta anche nella vita degli individui. L'orgoglioso motto squadrista «me ne frego», scritto sulle bende di una ferita, è un atto di filosofia non soltanto stoica, è il sunto di una dottrina non soltanto politica: è l'educazione al combattimento, l'accettazione dei rischi che esso comporta; è un nuovo stile di vita italiano. Così il fascista accetta, ama la vita, ignora e ritiene vile il suicidio; comprende la vita come dovere, elevazione, conquista: la vita che deve essere alta e piena: vissuta per se, ma soprattutto per gli altri, vicini e lontani, presenti e futuri.
La politica «demografica» del regime è la conseguenza di queste premesse. Anche il fascista ama infatti il suo prossimo, ma questo «prossimo» non è per lui un concetto vago e inafferrabile: l'amore per il prossimo non impedisce le necessarie educatrici severità, e ancora meno le differenziazioni e le distanze. Il fascismo respinge gli abbracciamenti universali e, pur vivendo nella comunità dei popoli civili, li guarda vigilante e diffidente negli occhi, li segue nei loro stati d'animo e nella trasformazione dei loro interessi né si lascia ingannare da apparenze mutevoli e fallaci.
Una siffatta concezione della vita porta il fascismo a essere la negazione recisa di quella dottrina che costituì la base del socialismo cosiddetto scientifico o marxiano: la dottrina del materialismo storico secondo il quale la storia delle civiltà umane si spiegherebbe soltanto con la lotta d'interessi fra i diversi gruppi sociali e col cambiamento dei mezzi e strumenti di produzione. Che le vicende dell'economia - scoperte di materie prime, nuovi metodi di lavoro, invenzioni scientifiche - abbiano una loro importanza, nessuno nega; ma che esse bastino a spiegare la storia umana escludendone tutti gli altri fattori, è assurdo: il fascismo crede ancora e sempre nella santità e nell'eroismo, cioè in atti nei quali nessun motivo economico - lontano o vicino - agisce. Negato il materialismo storico, per cui gli uomini non sarebbero che comparse della storia, che appaiono e scompaiono alla superficie dei flutti, mentre nel profondo si agitano e lavorano le vere forze direttrici, è negata anche la lotta di classe, immutabile e irreparabile, che di questa concezione economicistica della storia è la naturale figliazione, e soprattutto è negato che la lotta di classe sia l'agente preponderante delle trasformazioni sociali. Colpito il socialismo in questi due capisaldi della sua dottrina, di esso non resta allora che l'aspirazione sentimentale - antica come l'umanità - a una convivenza sociale nella quale siano alleviate le sofferenze e i dolori della più umile gente. Ma qui il fascismo respinge il concetto di «felicità» economica, che si realizzerebbe socialisticamente e quasi automaticamente a un dato momento dell'evoluzione dell'economia, con l'assicurare a tutti il massimo di benessere. Il fascismo nega il concetto materialistico di «felicità» come possibile e lo abbandona agli economisti della prima metà del `700; nega cioè l'equazione benessere=felicità che convertirebbe gli uomini in animali di una cosa sola pensosi: quella di essere pasciuti e ingrassati, ridotti, quindi, alla pura e semplice vita vegetativa.
Dopo il socialismo, il fascismo batte in breccia tutto il complesso delle ideologie democratiche e le respinge, sia nelle loro premesse teoriche, sia nelle loro applicazioni o strumentazioni pratiche. Il fascismo nega che il numero, per il semplice fatto di essere numero, possa dirigere le società umane; nega che questo numero possa governare attraverso una consultazione periodica; afferma la disuguaglianza irrimediabile e feconda e benefica degli uomini che non si possono livellare attraverso un fatto meccanico ed estrinseco com'è il suffragio universale. Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano, mentre la vera effettiva sovranità sta in altre forze talora irresponsabili e segrete. La democrazia è un regime senza re, ma con moltissimi re talora più esclusivi, tirannici e rovinosi che un solo re che sia tiranno. Questo spiega perché il fascismo, pur avendo prima del 1922 - per ragioni di contingenza - assunto un atteggiamento di tendenzialità repubblicana, vi rinunciò prima della marcia su Roma, convinto che la questione delle forme politiche di uno Stato non è, oggi, preminente e che studiando nel campionario delle monarchie passate e presenti, delle repubbliche passate e presenti, risulta che monarchia e repubblica non sono da giudicare sotto la specie dell'eternità, ma rappresentano forme nelle quali si estrinseca l'evoluzione politica, la storia, la tradizione, la psicologia di un determinato paese. Ora il fascismo supera l'antitesi monarchia-repubblica sulla quale si attardò il democraticismo, caricando la prima di tutte le insufficienze, e apologizzando l'ultima come regime di perfezione. Ora s’è visto che ci sono repubbliche intimamente reazionarie o assolutistiche, e monarchie che accolgono le più ardite esperienze politiche e sociali.
«La ragione, la scienza - diceva Renan, che ebbe delle illuminazioni prefasciste, in una delle sue Meditazioni filosofiche - sono dei prodotti dell'umanità, ma volere la ragione direttamente per il popolo e attraverso il popolo è una chimera. Non è necessario per l'esistenza della ragione che tutto il mondo la conosca. In ogni caso se tale iniziazione dovesse farsi non si farebbe attraverso la bassa democrazia, che sembra dover condurre all'estinzione di ogni cultura difficile, e di ogni più alta disciplina. Il principio che la società esiste solo per il benessere e la libertà degli individui che la compongono non sembra essere conforme ai piani della natura, piani nei quali la specie sola è presa in considerazione e l'individuo sembra sacrificato. E’ da fortemente temere che l'ultima parola della democrazia così intesa (mi affretto a dire che si può intendere anche diversamente) non sia uno stato sociale nel quale una massa degenerata non avrebbe altra preoccupazione che godere i piaceri ignobili dell'uomo volgare». Fin qui Renan. Il fascismo respinge nella democrazia l'assurda menzogna convenzionale dell'egualitarismo politico e l'abito dell'irresponsabilità collettiva e il mito della felicità e del progresso indefinito. Ma, se la democrazia può essere diversamente intesa, cioè se democrazia significa non respingere il popolo ai margini dello Stato, il fascismo poté da chi scrive essere definito una «democrazia organizzata, centralizzata, autoritaria».
Di fronte alle dottrine liberali, il fascismo e in atteggiamento di assoluta opposizione, e nel campo della politica e in quello dell'economia. Non bisogna esagerare - a scopi semplicemente di polemica attuale - l'importanza del liberalismo nel secolo scorso, e fare di quella che fu una delle numerose dottrine sbocciate in quel secolo, una religione dell'umanità per tutti i tempi presenti e futuri. Il liberalismo non fiorì che per un quindicennio. Nacque nel 1830 come reazione alla Santa Alleanza che voleva respingere l'Europa al pre-'89, ed ebbe il suo anno di splendore nel 1848 quando anche Pio IX fu liberale. Subito dopo cominciò la decadenza. Se il `48 fu un anno di luce e di poesia, il `49 fu un anno di tenebre e di tragedia. La repubblica di Roma fu uccisa da un'altra repubblica, quella di Francia. Nello stesso anno, Marx lanciava il vangelo della religione del socialismo, col famoso Manifesto dei comunisti. Nel 1851 Napoleone III fa il suo illiberale colpo di Stato e regna sulla Francia fino al 1870, quando fu rovesciato da un moto di popolo, ma in seguito a una disfatta militare fra le più grandi che conti la storia. Il vittorioso è Bismarck, il quale non seppe mai dove stesse di casa la religione della libertà e di quali profeti si servisse. E’ sintomatico che un popolo di alta civiltà, come il popolo tedesco, abbia ignorato in pieno, per tutto il sec. XIX, la religione della libertà. Non c'è che una parentesi. Rappresentata da quello che è stato chiamato il «ridicolo parlamento di Francoforte», che durò una stagione. La Germania ha raggiunto la sua unità nazionale al di fuori del liberalismo, contro il liberalismo, dottrina che sembra estranea all'anima tedesca, anima essenzialmente monarchica, mentre il liberalismo è l'anticamera storica e logica dell'anarchia. Le tappe dell'unità tedesca sono le tre guerre del `64, `66, `70, guidate da «liberali» come Moltke e Bismarck. Quanto all'unità italiana, il liberalismo vi ha avuto una parte assolutamente inferiore all'apporto dato da Mazzini e da Garibaldi che liberali non furono. Senza l'intervento dell'illiberale Napoleone, non avremmo avuto la Lombardia, e senza l'aiuto dell'illiberale Bismarck a Sadowa e a Sedan, molto probabilmente non avremmo avuto, nel `66, la Venezia; e nel 1870 non saremmo entrati a Roma. Dal 1870 al 1915, corre il periodo nel quale gli stessi sacerdoti del nuovo credo accusano il crepuscolo della loro religione: battuta in breccia dal decadentismo nella letteratura, dall'attivismo nella pratica. Attivismo: cioè nazionalismo, futurismo, fascismo. Il secolo «liberale» dopo aver accumulato un'infinità di nodi gordiani, cerca di scioglierli con l'ecatombe della guerra mondiale. Mai nessuna religione impose così immane sacrificio. Gli dei del liberalismo avevano sete di sangue? Ora il liberalismo sta per chiudere le porte dei suoi templi deserti perché i popoli sentono che il suo agnosticismo nell'economia, il suo indifferentismo nella politica e nella morale condurrebbe, come ha condotto, a sicura rovina gli Stati. Si spiega con ciò che tutte le esperienze politiche del mondo contemporaneo sono antiliberali ed è supremamente ridicolo volerle perciò classificare fuori della storia; come se la storia fosse una bandita di caccia riservata al liberalismo e ai suoi professori, come se il liberalismo fosse la parola definitiva e non più superabile della civiltà.
Le negazioni fasciste del socialismo, della democrazia, del liberalismo, non devono tuttavia far credere che il fascismo voglia respingere il mondo a quello che esso era prima di quel 1789, che viene indicato come l'anno di apertura del secolo demo-liberale. Non si torna indietro. La dottrina fascista non ha eletto a suo profeta De Maistre. L'assolutismo monarchico fu, e così pure ogni ecclesiolatria. Cosi «furono» i privilegi feudali e la divisione in caste impenetrabili e non comunicabili fra di loro. Il concetto di autorità fascista non ha niente a che vedere con lo stato di polizia. Un partito che governa totalitariamente una nazione, è un fatto nuovo nella storia. Non sono possibili riferimenti e confronti. Il fascismo dalle macerie delle dottrine liberali, socialistiche, democratiche, trae quegli elementi che hanno ancora un valore di vita. Mantiene quelli che si potrebbero dire i fatti acquisiti della storia, respinge tutto il resto, cioè il concetto di una dottrina buona per tutti i tempi e per tutti i popoli. Ammesso che il sec. XIX sia stato il secolo del socialismo, del liberalismo, della democrazia, non è detto che anche il sec. XX debba essere il secolo del socialismo, del liberalismo, della democrazia. Le dottrine politiche passano, i popoli restano. Si può pensare che questo sia il secolo dell'autorità, un secolo di «destra», un secolo fascista; se il XIX fu il secolo dell'individuo (liberalismo significa individualismo), si può pensare che questo sia il secolo «collettivo» e quindi il secolo dello Stato. Che una nuova dottrina possa utilizzare gli elementi ancora vitali di altre dottrine è perfettamente logico. Nessuna dottrina nacque tutta nuova, lucente, mai vista. Nessuna dottrina può vantare una «originalità» assoluta. Essa è legata, non fosse che storicamente, alle altre dottrine che furono, alle altre dottrine che saranno. Così il socialismo scientifico di Marx è legato al socialismo utopistico dei Fourier, degli Owen, dei Saint-Simon; cosi il liberalismo dell'800 si riattacca a tutto il movimento illuministico del `700. Così le dottrine democratiche sono legate all'Enciclopedia. Ogni dottrina tende a indirizzare l'attività degli uomini verso un determinato obiettivo; ma l'attività degli uomini reagisce sulla dottrina, la trasforma, l'adatta alle nuove necessità o la supera. La dottrina, quindi dev'essere essa stessa non un'esercitazione di parole, ma un atto di vita. In ciò le venature pragmatistiche del fascismo, la sua volontà di potenza, il suo volere essere, la sua posizione di fronte al fatto «violenza» e al suo valore.
Caposaldo della dottrina fascista è la concezione dello Stato, della sua essenza, dei suoi compiti, delle sue finalità. Per il fascismo lo Stato è un assoluto, davanti al quale individui e gruppi sono il relativo. Individui e gruppi sono «pensabili» in quanto siano nello Stato. Lo Stato liberale non dirige il giuoco e lo sviluppo materiale e spirituale delle collettività, ma si limita a registrare i risultati; lo Stato fascista ha una sua consapevolezza, una sua volontà, per questo si chiama uno Stato «etico». Nel 1929 alla prima assemblea quinquennale del regime io dicevo: «Per il fascismo lo Stato non è il guardiano notturno che si occupa soltanto della sicurezza personale dei cittadini; non è nemmeno una organizzazione a fini puramente materiali, come quello di garantire un certo benessere e una relativa pacifica convivenza sociale, nel qual caso a realizzarlo basterebbe un consiglio di amministrazione; non è nemmeno una creazione di politica pura, senza aderenze con la realtà materiale e complessa della vita dei singoli e di quella dei popoli. Lo Stato così come il fascismo lo concepisce e attua è un fatto spirituale e morale, poiché concreta l'organizzazione politica, giuridica, economica della nazione, e tale organizzazione è, nel suo sorgere e nel suo sviluppo, una manifestazione dello spirito. Lo Stato è garante della sicurezza interna ed esterna, ma è anche il custode e il trasmettitore dello spirito del popolo così come fu nei secoli elaborato nella lingua, nel costume, nella fede. Lo Stato non è soltanto presente, ma è anche passato e soprattutto futuro. E' lo Stato che trascendendo il limite breve delle vite individuali rappresenta la coscienza immanente della nazione. Le forme in cui gli Stati si esprimono, mutano, ma la necessità rimane. E' lo Stato che educa i cittadini alla virtù civile, li rende consapevoli della loro missione, li sollecita all'unità; armonizza i loro interessi nella giustizia; tramanda le conquiste del pensiero nelle scienze, nelle arti, nel diritto, nell'umana solidarietà; porta gli uomini dalla vita elementare della tribù alla più alta espressione umana di potenza che è l'impero; affida ai secoli i nomi di coloro che morirono per la sua integrità o per obbedire alle sue leggi; addita come esempio e raccomanda alle generazioni che verranno, i capitani che lo accrebbero di territorio e i genii che lo illuminarono di gloria. Quando declina il senso dello Stato e prevalgono le tendenze dissociatrici e centrifughe degli individui o dei gruppi, le società nazionali volgono al tramonto».
Dal 1929 a oggi, l'evoluzione economica politica universale ha ancora rafforzato queste posizioni dottrinali. Chi giganteggia è lo Stato. Chi può risolvere le drammatiche contraddizioni del capitalismo è lo Stato. Quella che si chiama crisi, non si può risolvere se non dallo Stato, entro lo Stato. Dove sono le ombre dei Jules Simon, che agli albori del liberalismo proclamavano che «lo Stato deve lavorare a rendersi inutile e a preparare le sue dimissioni»? Dei Mac Culloch, che nella seconda metà del secolo scorso affermavano che lo Stato deve astenersi dal troppo governare? E che cosa direbbe mai dinnanzi ai continui, sollecitati, inevitabili interventi dello Stato nelle vicende economiche, l'inglese Bentham, secondo il quale l'industria avrebbe dovuto chiedere allo Stato soltanto di essere lasciata in pace, o il tedesco Humboldt, secondo il quale lo Stato «ozioso» doveva essere considerato il migliore? Vero è che la seconda ondata degli economisti liberali fa meno estremista della prima e già lo stesso Smith apriva - sia pure cautamente - la porta agli interventi dello Stato nell'economia. Se chi dice liberalismo dice individuo, chi dice fascismo dice Stato. Ma lo Stato fascista è unico ed è una creazione originale. Non è reazionario, ma rivoluzionario, in quanto anticipa le soluzioni di determinati problemi universali quali sono posti altrove nel campo politico dal frazionamento dei partiti, dal prepotere del parlamentarismo, dall'irresponsabilità delle assemblee, nel campo economico dalle funzioni sindacali sempre più numerose e potenti sia nel settore operaio come in quello industriale, dai loro conflitti e dalle loro intese; nel campo morale dalla necessità dell'ordine, della disciplina, dell'obbedienza a quelli che sono i dettami morali della patria. Il fascismo vuole lo Stato forte, organico e al tempo stesso poggiato su una larga base popolare. Lo Stato fascista ha rivendicato a sé anche il campo dell'economia e, attraverso le istituzioni corporative, sociali, educative da lui create, il senso dello Stato arriva sino alle estreme propaggini, e nello Stato circolano, inquadrate nelle rispettive organizzazioni, tutte le forze politiche, economiche, spirituali della nazione. Uno Stato che poggia su milioni d'individui che lo riconoscono, lo sentono, sono pronti a servirlo, non è lo Stato tirannico del signore medievale. Non ha niente di comune con gli Stati assolutistici di prima o dopo l'89. L'individuo nello Stato fascista non è annullato, ma piuttosto moltiplicato, cosi come in un reggimento un soldato non è diminuito, ma moltiplicato per il numero dei suoi camerati. Lo Stato fascista organizza la nazione, ma lascia poi agli individui margini sufficienti; esso ha limitato le libertà inutili o nocive e ha conservato quelle essenziali. Chi giudica su questo terreno non può essere l'individuo, ma soltanto lo Stato.
Lo Stato fascista non rimane indifferente di fronte al fatto religioso in genere e a quella particolare religione positiva che è il cattolicismo italiano. Lo Stato non ha una teologia, ma ha una morale. Nello Stato fascista la religione viene considerata come una delle manifestazioni più profonde dello spirito; non viene, quindi, soltanto rispettata, ma difesa e protetta. Lo Stato fascista non crea un suo «Dio» così come volle fare a un certo momento, nei delirii estremi della Convenzione, Robespierre; né cerca vanamente di cancellarlo dagli animi come fa il bolscevismo; il fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi, degli eroi e anche il Dio cosi come visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del popolo.
Lo Stato fascista è una volontà di potenza e d'imperio. La tradizione romana è qui un'idea di forza. Nella dottrina del fascismo l'impero non è soltanto un'espressione territoriale o militare o mercantile, ma spirituale o morale. Si può pensare a un impero, cioè a una nazione che direttamente o indirettamente guida altre nazioni, senza bisogno di conquistare un solo chilometro quadrato di territorio. Per il fascismo la tendenza all'impero, cioè all'espansione delle nazioni, è una manifestazione di vitalità; il suo contrario, o il piede di casa, è un segno di decadenza: popoli che sorgono o risorgono sono imperialisti, popoli che muoiono sono rinunciatarii. Il fascismo è la dottrina più adeguata a rappresentare le tendenze, gli stati d'animo di un popolo come l'italiano che risorge dopo molti secoli di abbandono o di servitù straniera. Ma l'impero chiede disciplina coordinazione degli sforzi, dovere e sacrificio; questo spiega molti aspetti dell'azione pratica del regime e l'indirizzo di molte forze dello Stato e la severità necessaria contro coloro che vorrebbero opporsi a questo moto spontaneo e fatale dell’Italia nel secolo XX, e opporsi agitando le ideologie superate del secolo XIX, ripudiate dovunque si siano osati grandi esperimenti di trasformazioni politiche e sociali: non mai come in questo momento i popoli hanno avuto sete di autorità, di direttive, di ordine. Se ogni secolo ha una sua dottrina, da mille indizii appare che quella del secolo attuale è il fascismo. Che sia una dottrina di vita, lo mostra il fatto che ha suscitato una fede: che la fede abbia conquistato le anime, lo dimostra il fatto che il fascismo ha avuto i suoi caduti e i suoi martiri. Il fascismo ha oramai nel mondo l'universalità di tutte le dottrine che, realizzandosi, rappresentano un momento nella storia dello spirito umano.
Art. 21.
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