PRIMATO FASCISTA E' L'ORGANO UFFICIALE DEI FASCISTI RIVOLUZIONARI
“Fondiamo questo foglio con volontà di agire sulla storia italiana. Contro la filosofia regnante, che fermamente avverseremo, non ammettiamo che tutto sia “Storia”: storia non è quel che passa, è quel che dura […]. Ci basta che dieci abbiano inteso, e si siano dati la mano; che codesto fascicolo di trenta pagine sia stato prova di vita fra tanta inerzia d’uomini, affermazione chiara e dura fra tanta dubbiezza, falsità, fragilità di scrittori, e resti documento dell’epoca Fascista, principio anzi di quella rivoluzione intellettuale che noi compiremo.” Berto Ricci, da “l’Universale”, 3 gennaio 1931.

giovedì 17 novembre 2011

Sull'antitesi e differenza tra fascismo e nazismo


Polemica col Sig. Coniglio dei "nazisti in libertà"

Che gli articoli di Primato Fascista inizino a destare fastidio e scalpore, soprattutto negli ambienti "areani", è cosa ormai risaputa. Che si stia verificando una vera e propria "corsa ai ripari" da parte di questi squallidi movimenti fintofascisti era alquanto prevedibile. Per la prima volta nella storia dopo il 1945 (eccezion fatta per alcuni nomi come Ruinas, Pini, Pisanò e Pettinato), un gruppo di fascisti autentici mette in discussione i movimenti d'estrema destra, che nell'immaginario collettivo vengono arbitrariamente accostati al fascismo, e li smascherano sconquassando le loro trame più o meno abilmente ordite con la complicità del sistema antifascista vigente! Ormai è diventato impossibile per costoro ignorare l'attività che “IlCovo” quotidianamente svolge anche su queste pagine ed altrove, il vaccino che abbiamo iniettato nel corpo malato si sta inesorabilmente diffondendo e finirà presto o tardi col debellare i parassiti nocivi. In questo caso vogliamo rispondere alle vuote chiacchiere che un tal signor Tarlo Coniglio e la sua relativa conventicola di "nazisti in libertà" vanno facendo, senza alcuna cognizione sul nostro conto e, peggio ancora, riguardo il “Fascismo” e le sue inesistenti affinità col nazismo.
Il sig. Coniglio, in un patetico e risibile articoletto, formato per 3/4 di insulti ed il restante da chiacchiere senza capo ne coda degne di una osteria, ci delizia con una serie di simpatici epiteti ingiuriosi ed insinuazioni complottistiche tipiche di chi è affetto da strane sindromi maniacali e paranoiche, vedendo cospirazioni ovunque. Costui riferendosi direttamente a noi, paradossalmente ci qualifica come "infiltrati del sistema", definendo di basso livello intellettivo l'uso del nome "Covo" riservato alla nostra Associazione. Evidentemente nessuno ha mai informato il sig. Coniglio che la prima sede de "Il Popolo d'Italia" di Mussolini era chiamata "ilCovo", né che tale denominazione fu poi assunta dalla Scuola di Mistica Fascista fondata da Niccolò Giani. Ma tralasciamo uno degli innumerevoli esempi (in questo caso secondario)dell’ignoranza macroscopica manifestata dal signor Coniglio poiché vogliamo cogliere l'occasione che ci ha offerto per confutare quelli più gravi, rimarcando ancora una volta le sostanziali e irriducibili differenze ideologiche che intercorrono tra il Fascismo ed il nazismo, che solo la propaganda antifascista, come quella divulgata dal sig. Coniglio, può disperatamente tentare di annullare. Andiamo alle "fumose" argomentazioni del “nazista in libertà”:

equiparare il Nazionalsocialismo germanico al bieco razzismo in stile americano è una squallida operazione letteraria che la dice lunga sul livello culturale e di onestà di certi primati… Non sarà bello autocitarsi, ma non posso esimermi dal richiamare due mie precedenti articoli reperibili sul mio blog; nel primo, “Il razzismo Nazista”, saccheggiando un documentatissimo studio del noto giornalista Alberto B. Mariantoni, mostravo agli idioti come quelli del “Covo” ed ai tanti razzisti all’amatriciana, come il Nazionalsocialismo tedesco non si fosse mai sognato di essere antistraniero, antiislamico o stupidamente razzista come certi movimenti americani… Al contrario, i Nazionalsocialisti ebbero ottimi rapporti con movimenti ad essi ispirati che nacquero nel cosiddetto Medio Oriente, nel Sud Est Asiatico e nella stessa Africa; molti nazionalsocialisti arabi ed africani appoggiarono apertamente la politica hitleriana e godettero di ampi finanziamenti da parte del Nazionalsocialismo germanico. Inoltre, in una intervista successiva, evidenziavo come persino gli ebrei che non avevano mostrato ostracismo ed avversità nei confronti del Nazionalsocialismo poterono vivere indisturbati nella Germania dell’epoca, facendo anche carriera politica e militare. 

Cosa significano queste parole? Perché questi inutili giri di parole da parte del sig. Coniglio per celare, mistificare e nascondere la concezione razzista quale elemento fondamentale dell'ideologia nazista? A cosa servono queste inutili disquisizioni e questi superflui bizantinismi? Per rendersi conto dell’inconsistenza del vaniloquio del sig. Coniglio è sufficiente leggere le parole del suo vero referente politico, Adolf Hitler:

«la Weltanschauung popolare ravvisa l'importanza dell'umanità nei suoi elementi originari razziali e vede nello Stato principalmente un mezzo per raggiungere un fine, che è poi la conservazione dell'esistenza razziale dell'uomo. Per questo essa non crede affatto all'uguaglianza delle razze ma riconosce nella loro differenza dei valori superiori ed inferiori, per cui si sente in dovere, conforme alla Volontà eterna signora di questo universo, di promuovere la vittoria del migliore, del più forte e di effettuare la sottomissione del peggiore e del più debole. Essa rispetta quindi soprattutto il principio aristocratico insito nella natura e crede che la validità di questa legge si estenda sino alla sostanza dell'ultimo individuo. Essa non solo scopre la differenza di valore tra le razze ma anche tra i singoli uomini (...). Su questa terra la cultura e la civiltà umana sono indissolubilmente legate alla presenza dell’uomo ariano, la sua morte o il suo tramonto stenderebbe nuovamente sul nostro pianeta i veli oscuri di un’epoca priva di civiltà. Far sì che il sangue venga mantenuto integro per assicurare la possibilità di uno sviluppo più nobile di questa esistenza, mediante la conservazione degli uomini migliori. Quindi, uno stato popolare dovrà in primo luogo strappare il matrimonio da un livello in cui esso è una perpetua contaminazione della razza per consacrarlo invece a quelli che sono i veri compiti dell’istituto matrimoniale, ossia la produzione d’immagini di Dio e non d’orribili incroci tra l’uomo e la scimmia. Inoltre il compito di uno stato popolare deve anche essere quello di far sì che, finalmente venga scritta una storia del mondo, nella quale il problema della razza assuma una posizione predominante». (1)

La posizione nazista è chiara come le differenze sostanziali e antitetiche col Fascismo. Il nazismo è una ideologia MATERIALISTA (come il marxismo), Hitler credeva che le caratteristiche fondamentali di un individuo, le sue attitudini, le abilità e i comportamenti fossero determinati dalla razza. Nella visione nazista tutti i gruppi etnici, le razze o i popoli della terra (Hitler usava questi termini come sinonimi) possedevano tratti biologici che venivano trasmessi immutabilmente di generazione in generazione. Di conseguenza, nessun individuo poteva liberarsi delle caratteristiche innate della propria razza (vedere Blut und Boden). Alla luce di tali concetti, tutta la storia umana poteva essere spiegata in termini di lotta per il predominio tra razze diverse (così come per i marxisti la storia umana poteva essere spiegata in termini di lotte sociali tra classi diverse). Nel formulare queste teorie, Hitler e i nazisti trassero ispirazione dalle idee dei darwinisti sociali tedeschi della fine del diciannovesimo secolo. Come i darwinisti, infatti, essi credevano che gli esseri umani, fin dal primo comparire di tale specie nella Preistoria, potessero essere classificati collettivamente in "razze", ognuna delle quali possedeva caratteristiche specifiche ed immutabili trasmesse geneticamente. Queste qualità ereditarie riguardavano non solo l'aspetto esteriore e la struttura fisica, ma davano anche forma alla vita interiore e mentale, ai modi di pensare, alle abilità creative e organizzative, ai gusti e ai valori culturali, oltre che alla forza fisica ed al coraggio. I nazisti adottarono anche la concezione del darwinismo sociale riguardo la teoria evolutiva della "sopravvivenza del più forte": per i nazisti le possibilità di sopravvivere di una razza dipendevano dalla sua capacità di riprodursi e moltiplicarsi, unita a quella di conquistare il territorio necessario al mantenimento e al sostentamento della crescente popolazione. Inoltre, essi consideravano fondamentale la salvaguardia della purezza del proprio patrimonio genetico, in modo da preservare le caratteristiche "biologico-razziali" uniche delle quali la "natura" li aveva dotati e che avrebbero permesso loro di prevalere nella lotta per la sopravvivenza. Poiché ogni "razza", nella visione nazista, cercava di crescere e svilupparsi, e siccome lo spazio sulla terra non è infinito, la lotta per la sopravvivenza finiva "naturalmente" per sfociare nel confronto militare e nella conquista violenta. Di conseguenza, la guerra - e persino la guerra perpetua - era vista come parte fondamentale della natura e condizione umane.
La concezione fascista diverge e si scontra apertamente con questa impostazione ideologica. Il Fascismo, trattandosi di una ideologia SPIRITUALE, supera il materialismo ed il determinismo nazista ereditato dalla concezione darwinista. Esso non concepisce la condizione umana come una perpetua guerra tra razze che culminerà con il predominio della razza ariana, allo stesso modo non concepisce la vita umana come incentrata in una perpetua guerra tra classi che culminerà con il predominio della classe proletaria. Superando siffatte concezioni materialistiche, il Fascismo afferma il sommo valore dello Stato che affratella etnie, popoli e nazioni all'insegna della Civiltà Imperiale del Littorio. A differenza di quanto afferma Hitler, per i fascisti lo Stato non è un mezzo per il fine della "conservazione dell'esistenza razziale dell'uomo", ma costituisce esso stesso il fine ultimo dell’Uomo civile, come si può leggere nella DOTTRINA FASCISTA:

Antiindividualistica, la concezione Fascista è per lo Stato; ed è per l’individuo in quanto esso coincide con lo Stato, coscienza e volontà universale dell’uomo nella sua esistenza storica (...). Giacché, per il Fascista, tutto è nello Stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello Stato. In tal senso il Fascismo è totalitario, e lo Stato Fascista, sintesi e unità di ogni valore, interpreta, sviluppa e potenzia tutta la vita del popolo. (2)

A tal proposito appare illuminante la definizione ufficiale della voce "razza" apparsa sull'Enciclopedia Italiana diretta dal filosofo del fascismo Giovanni Gentile, pubblicata prima che la nascita dell'Asse Roma-Berlino portasse Mussolini a propagandare strumentalmente dei concetti "razzisti":

È assai comune la confusione fra razza, popolo e nazione. Ora, la prima è un'entità antropologica, cioè zoologica, qualcosa della stessa natura del concetto di specie animale o vegetale (salvo l'estensione, il grado di questo raggruppamento, il cosiddetto valore sistematico o tassinomico). Pur sotto il triplice aspetto, anatomico, fisiologico, psichico, la razza è un'entità naturalistica, come è una entità naturalistica la specie « cane » o quella « cavallo » sotto il triplice aspetto dei suoi caratteri di forma, di funzione e di psiche, popolo, è un'entità sociologica, indicando un raggruppamento, la cui formazione è un processo storico-culturale, a base soprattutto linguistica (lingua comune). Uno stesso popolo può esser costituito, anzi, di regola, è costituito da più razze. Nazione è un'entità di natura politica, costituendo essa un raggruppamento, in cui possono entrare come costituenti non soltanto razze diverse, ma popoli diversi, più o meno unificati culturalmente. La base della nazione può essere geografica, un territorio più o meno definito, ma non è necessariamente tale. Necessità di esistenza, o anche di potenza, possono far sì che una nazione riunisca popoli diversi, abitanti territori diversi. Si ricordi, ad esempio, l'Austria-Ungheria di prima della guerra mondiale o la Russia attuale. Non esiste perciò una razza, ma solo un popolo e una nazione italiana. Non esiste una razza né una nazione ebrea, ma un popolo ebreo; non esiste, errore più grave di tutti, una razza ariana (o meglio aria), ma esistono solo una civiltà e lingue ariane (sebbene, anche in questo caso, la parola abbia per i linguisti un significato più ristretto che « indoeuropeo »). (3)

Significativamente, anche dopo la nascita dell'Asse Roma-Berlino, e dopo la promulgazione delle leggi razziali, la posizione del Fascismo nei confronti della "razza" non mostra un reale mutamento in sede ideologica, rimanendo la retorica razzista per lo più legata a motivi propagandistici. A dimostrazione di ciò basti citare la definizione ufficiale della voce "razza" apparsa sul Dizionario di Politica edito dal Partito Nazionale Fascista nel 1940. Essa, coerentemente con quanto sempre riportato nei documenti ideologici e programmatici, veniva definita in termini tali da rimarcare una chiara divergenza rispetto all'impostazione nazista:

Il concetto di razza può essere adoperato soltanto nel senso sistematico, cioè come concetto di classificazione antropologica (ad esempio: razza nordica, divarica, occidentale, orientale, baltica, ecc.), e non già nel senso di razza vitale, col significato di un bene ereditario che si trasmette di generazione in generazione. Non si deve perciò parlare di una « razza tedesca » o di una « razza italiana », ma di un « popolo tedesco» e di un «popolo italiano ». Diciamo dunque che il problema della razza non è, e non può essere, stabilito su elementi di ordine puramente fisiologico o sociologico e che il problema capitale è quello del « popolo », che si realizza nello stato come «nazione ». Il quale è un problema dello spirito, cui si accede soltanto attraverso una interpretazione sintetico-etologica della realtà (...) Ma la difficoltà più grave per la riorganizzazione della civiltà europea è quella di combattere e di reprimere in modo definitivo lo «spirito ebraico». Il quale, come rileva lo stesso Sombart, «non è affatto legato alla persona dell'ebreo» ed anzi potrebbe sussistere anche dopo la scomparsa dell'ultimo rampollo di questa razza. A rigore, l'epoca delle nazionalità nella storia dell'Europa è già chiusa. Oggi siamo nel vivo dell'epoca imperiale. In definitiva la pregiudiziale nazionalista e ancora di più la pregiudiziale razzista, quando siano esagerate fino all'intransigenza, possono risultare in un certo momento pregiudizievoli allo sviluppo dell'idea del popolo in quella sintesi suprema che reclama l'idea civile dell'impero. Il pensiero politico deve oggi elaborare i dati per una degna «dottrina dell'impero». Occorre tra l'altro distinguere il rapporto coloniale dal rapporto internazionale ed essere molto cauti nel dichiarare incompatibilità formali coi popoli di diversa nazionalità. Nella pratica si delinea già, sia pur in modo confuso, il processo di formazione degli «aggregati imperiali» quali nuovissime forme di convivenza tra popoli affini. In realtà il problema che sovrasta al dramma dello spirito e che prorompe nella gara imperiale dei popoli non è quello di una meccanica dominazione di un popolo sugli altri, imposta attraverso «guerre zoologiche »; bensì è quello delle «grandi civiltà», in corrispondenza ai fenomeni delle grandi razze, delle grandi famiglie linguistiche e delle religioni mondiali. (4)

Il penoso giustificazionismo della prassi nazista portato avanti dal sig. Coniglio trova il suo apice in questa considerazione precedentemente riportata:

" persino gli ebrei che non avevano mostrato ostracismo ed avversità nei confronti del Nazionalsocialismo poterono vivere indisturbati nella Germania dell’epoca, facendo anche carriera politica e militare." 

…dove si adduce come prova di questa fandonia la presenza di 150 mila soldati ebrei che combatterono nell'esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale. Ovviamente il “dotto” nazista in libertà tralascia di notare che ottennero il salvacondotto in quanto molti di essi erano già ufficiali al servizio della Germania sin dalla prima guerra mondiale, costituendo un capitale di esperienza e di conoscenze militari delle quali la Germania nazista, in procinto di scatenare una nuova guerra mondiale, non poteva privarsi. Ma, ad onta delle limitate conoscenze del sig. Coniglio, quale sia la reale posizione nazista in merito agli ebrei è ben specificato nei "Principi Programmatici del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori tedeschi" datato 24 febbraio 1920, dove al punto 4 si può leggere:

Cittadino può essere soltanto chi è Volksgenosse (connazionale). Puo essere Volksgenosse solo chi è di sangue tedesco, senza riguardo alla confessione religiosa. Nessun ebreo può quindi essere Volksgenosse. (5)

Principio che trovò pratica attuazione con la Legge per la Cittadinanza del Reich, datata 15 settembre 1935:

Cittadino del Reich è soltanto l’appartenente allo stato di sangue tedesco o affine il quale con il suo comportamento dia prova di essere disposto ed adatto a servire fedelmente il popolo ed il Reich tedesco. (6)

Per i nazisti, dunque, a differenza di quanto avveniva nell’Italia Fascista, la cittadinanza non era data dall’adesione ai valori etici e culturali trasmessi dallo Stato, che con la sua azione etico-pedagogica è in grado forgiare il carattere ed il temperamento degli uomini dando vita ad una nuova "razza", a prescindere dall’etnia d’origine, che rappresenta l'Uomo Nuovo Fascista, ma al contrario è un dato biologico acquisito ed immodificabile in base all'appartenenza di sangue. A dimostrazione di quanto distante fosse tale concezione da quella mussoliniana basterà citare queste considerazioni dello storico Fabio Andriola:

Già nel 1918, fedele alla sua concezione della nazione come insieme di etnie e di uomini che vivono sullo stesso suolo, con una tradizione e degli interessi comuni, non aveva avuto problemi a celebrare, a mò di simbolo dei tanti ragazzi caduti al fronte per l'Italia, il giovane Roberto Sarfatti che, oltre a essere ebreo, era anche figlio di quella Margherita Sarfatti per anni sua amante (...). Lontano da considerazioni biologiche, tutte le volte che Mussolini parlava di razza, già all'inizio degli anni Venti, usava questo termine per indicare genericamente gli italiani: la "razza italiana" poteva tranquillamente inglobare meridionali e settentrionali, ebrei e non ebrei, operai e professionisti, militari e filosofi, italiani del Risorgimento e latini dell'antica Roma. In chiunque si fossero incarnati il genio e l'inventiva, il coraggio e la civiltà, il valore militare e l'abilità artistica, là c'era un esponente della "razza italiana". Non c'entrava nulla il sangue, c'entrava lo spirito di un popolo. E il fascismo, fenomeno italiano per eccellenza secondo Mussolini, era venuto a rigenerare la "razza italiana": "Il Governo fascista - dirà celebrando il primo anniversario della marcia su Roma, il 28 ottobre 1923 - durerà perché non è soltanto il trionfo di un partito: è qualcosa di più, di molto di più, infinitamente di più: è la primavera, è la risurrezione della razza, è il popolo che diventa Nazione, la Nazione che diventa Stato, è lo Stato che cerca nel mondo le linee della sua espansione. (7)

Analisi confermate dallo storico Renzo De Felice:

Per Mussolini, la razza non era una concezione biologica ma, com’era da aspettarsi, spirituale. Secondo lui, esistevano valori spirituali diversi, ed egli riteneva che in determinati, drammatici momenti della storia era possibile parlare di razze che coesistevano con le nazioni. Così era per l’Italia fascista, in cui il genio degli italiani aveva reso possibile l’edificazione dello Stato fascista. Per i cittadini che non si erano trasformati, fascistizzati spontaneamente, soccorreva la disciplina fascista. Come Mussolini ha detto una volta al suo biografo De begnac, per lui era possibile arianizzare gli ebrei, cosa che per Hitler era una violazione delle leggi della natura. Questa concezione di una politica temporanea di discriminazione, che avrebbe dovuto ricondurre gli italiani alla vita fascista, sembra confermare quanto detto prima, e cioè che lo scopo fondamentale dell’azione fascista era di preparare gli italiani alla rivoluzione…( 8 )

Ancora, sulle differenze tra nazismo e Fascismo si è espresso lo storico israeliano Zeev Sternhell, che ha fatto notare come...

Il fascismo non potrà in alcun caso essere identificato con il nazismo. Certo, le due ideologie, i due movimenti e i due regimi hanno dei punti in comune che li portano spesso a toccarsi e a coincidere parzialmente. Ma essi differiscono su una questione fondamentale: il fondamento stesso del nazionalsocialismo tedesco è infatti il determinismo biologico. E' il razzismo nel suo senso più estremo, che costituisce il fondamento del nazismo (...). In Italia all'antisemitismo militante praticato da certi fascisti, corrisponde un'ampia diffusione del fascismo proprio tra gli ebrei: gli ebrei fascisti non si contano, e la loro percentuale in seno al movimento è persino di gran lunga superiore a quella degli ebrei nella popolazione della penisola. Come si sa, le leggi razziali verranno promulgate in Italia soltanto nel 1938, e negli anni di guerra gli ebrei si sentiranno nettamente meno in pericolo a Nizza o in Alta Savoia, territori occupati dalle truppe italiane, piuttosto che a Marsiglia, rigidamente controllata dalla polizia di Vichy. Il razzismo non è dunque necessario alle condizioni necessarie per l'esistenza di un fascismo, pur contribuendo all'eclettismo fascista. Ciò spiega perché una teoria generale che pretendesse di inglobare il fascismo e il nazismo non potrebbe che fallire su questo aspetto essenziale del problema. In realtà, una teoria del genere non è possibile: le somiglianze, in special modo il carattere "totalitario" di entrambi i regimi, non sono infatti più significative delle differenze. (9)

Anche il professor A. James Gregor nel suo studio sull'ideologia fascista rimarca le sostanziali e incompatibili differenze esistenti tra il "razzismo fascista" e quello nazista:

Semplicistica e soltanto parzialmente vera è l'interpretazione del razzismo fascista quale semplice imitazione pedissequa del Nazionalsocialismo (...). Per quanto ci riguarda, è quanto mai deplorevole l'identificazione del razzismo fascista col razzismo nazionalsocialista. Nella sua lunga storia, il razzismo ha avuto, e seguiterà ad avere, numerosissime forme ed espressioni; qualsiasi trattato serio e responsabile deve tener conto delle loro differenze (...). Un antisemitismo che discriminasse gli individui soltanto in base alla loro appartenenza ad una presunta comunità biologica non era compatibile con i valori sociali e politici con cui Mussolini aveva identificato il Fascismo. (10)

Del resto lo ribadì lo stesso Mussolini nell'aprile 1937, incontrando il cancelliere austriaco Kurt von Schuschnigg, egli scandì: "Tra il fascismo e il nazionalsocialismo ci sono differenze sostanziali. Noi siamo cattolici fieri e rispettosi delle nostra religione. Non ammettiamo le teorie razziste soprattutto nelle loro conseguenze giuridiche".

Quanto scritto basterebbe a sufficienza per sbugiardare le ridicole farneticazioni dei "nazisti in libertà", che d'altronde, non avendo reali conoscenze sul tema sono costretti a ripetere le fantasiose elucubrazioni già confezionate dai vari istituti della resistenza e circoli ANPI, che non a caso tendono ad accorpare le due ideologie nella cosiddetta formula del "nazifascismo" (termine coniato dagli invasori anglo-americani). Ma il sig. Coniglio, ritenendosi ormai quasi un storico provetto in vena di “grandi scoperte”, tira fuori dal suo magico cilindro tarlato un articolo decontestualizzato di Mussolini datato 1919, che a suo dire dovrebbe produrre magicamente la tanto (per lui) attesa quadratura del cerchio:

Mussolini aveva, ben prima di Hitler, il quadro dello strapotere ebraico molto ben chiaro ed in evidenza, e non ebbe bisogno di nessuna sollecitazione per muoversi non contro gli ebrei in generale, ma contro quegli ebrei che si scagliarono contro la Germania e contro l’Italia in difesa del bolscevismo e delle plutocrazie occidentali controllate economicamente e politicamente da loro confratelli!

A tali “perle di saggezza” però ha già magistralmente risposto decenni addietro il professore A. James Gregor (ma che ne può mai sapere di Storia e di storici il povero sig. Coniglio?) il quale commentando il medesimo articolo di Mussolini citato a sproposito dal “nazista in libertà”, scrive:

Ma anche in questo caso, se vogliamo essere storicamente obiettivi, dobbiamo inserire le affermazioni di Mussolini nel contesto da cui sono tratte. Esse non sono infatti più indicative di quanto non fossero affermazioni simili che a quell'epoca erano quasi luoghi comuni nei circoli nazionalistici e sindacalisti. Georges Sorel, ad esempio, fu un antisemita ferocissimo a parole, ma a parole soltanto. Sorel accusava gli ebrei di essere parassiti sociali, critici sociali distruttivi e inveterati nemici del nazionalismo francese. A livello teorico, tuttavia, l'antisemitismo restò per Sorel « una questione personale, di secondaria importanza, che era, in larga misura, indipendente dai fondamenti della sua filosofia o sociologia ». L'antisemitismo di Mussolini, in questo periodo, era dello stesso tipo. Viste nel contesto delle affermazioni nazionaliste, futuriste e sindacaliste e sullo sfondo delle talvolta violentissime dichiarazioni antisemite della Chiesa cattolica a cavallo dell'inizio del secolo, le osservazioni di Mussolini appaiono assolutamente blande e scolorite. Dopo questo periodo, egli non parlò mai più degli ebrei in una maniera simile, mentre nel 1929, così come nei colloqui con Ludwig del 1932, negò che fosse esistito, o potesse mai esistere, in Italia, l'antisemitismo. (11)

Analisi confermate dalle considerazioni espresse dallo storico Renzo De Felice:

Mussolini non può essere considerato per molti e molti anni un antisemita. Sino al 1937 l’idea di un antisemitismo di Stato fu lontanissima da lui: gli ebrei italiani godevano sotto il fascismo né più né meno della stessa “libertà” che godevano gli altri italiani; gli ebrei stranieri perseguitati trovarono in lui se non proprio un protettore, un uomo politico che a più riprese li aiutò e aprì loro le porte d’Italia come – bisogna onestamente riconoscerlo – non fecero molti altri capi di Stato per i loro Paesi…. Certo verso “gli ebrei” Mussolini ebbe sempre una certa diffidenza, ma si trattava della diffidenza tipica di tutti i nazionalisti: era la differenza tipica del provinciale insofferente per tutto ciò che sapeva di cosmopolita e di internazionale… L’alta banca e l’internazionale ebraica erano per lui una realtà, una realtà con il quale però non voleva scontrarsi e che, in ogni caso, non riteneva avesse in Italia agganci molto potenti. Gli ebrei italiani erano per lui italiani: erano stati buoni combattenti nella prima guerra mondiale (spesso irredentisti), molti erano stati ed erano buoni fascisti (...) Un certo ‘mito della razza’ è riscontrabile nel suo pensiero e nella sua opera sin dai primi anni e dopo la marcia su Roma; esso non ebbe però mai nulla in comune con il razzismo nazista (...). La svolta dell’atteggiamento di Mussolini sulla questione della razza (...) ebbe come sua vera causa la convinzione che per “rendere granitica” l’alleanza italo-tedesca fosse necessario allineare la politica dei due regimi in tutti i campi, compreso quello dell’antisemitismo. La politica razziale messa a punto tra il 1937 e il 1938 e la conseguente legislazione del 1938 costituiscono dunque il “pegno” di Mussolini verso la Germania nazista. (12)

Dopo aver brevemente esaminato fonti storiche primarie e secondarie che con evidenza relegano nel limbo delle chiacchiere da taverna le vuote parole in libertà dei “nazisti in libertà”, non possono non strapparci un lieve sorriso misto a tanta compassione le righe conclusive con cui il sig. Coniglio termina il suo articoletto a beneficio dei propri sprovveduti “kammaraden all’amatriciana”:

Ecco, cari Camerati: io ai topi di fogna che cercano di reinterpretare la Storia a loro uso e consumo, restandosene nascosti dietro all’anonimato per gettare letame sui veri Camerati, preferisco i Camerati veri che si gettarono in prima linea, senza nascondersi, per difendere le loro idee e quelle dei Camerati come loro, indipendentemente dal fatto che esistessero alcune differenze ideologiche fra loro.

Quale miglior servigio reso all'antifascismo di Stato che ha bisogno di simili personaggi incapaci di pensare ma sempre pronti a svolgere il ruolo di utili idioti, proprio come li vuole il sig. Coniglio?

Meditate gente, meditate...


FONTI:

(1) A. Hitler, La mia battaglia, trad. di B. Revel, Bompiani, Milano 1940
(2) Benito Mussolini, La dottrina del Fascismo, Roma, 1933, Enciclopedia Italiana, vol. XIV pp. 847 - 851
(3) Estratto da "L'Enciclopedia Italiana" di G. Treccani, 1935, Vol. XXVIII, voce "razza", pag. 911
(4) estratto dal Dizionario di Politica a cura del P.N.F. , 1940, Vol. IV, voce "razza", pp. 26-27
(5) "Storia del Terzo Reich" di William Shirer, edizione Fabbri, 1978, p. 44
(6) M. Bendiscioli – A. Gallia "Documenti di storia contemporanea, 1815 – 1970", Mursia, 1970-71, pp. 353-354
(7) Estratto da "Mussolini segreto nemico di Hitler", pag. 165-166
( 8 ) De Felice, Intervista sul fascismo, Milano, 1992 , Mondadori pg. 90
(9) Zeev Sternhell, Nascita dell’ideologia fascista, Milano 2002, Baldini & Castoldi (I Nani), pp. 11-12
(10) A. James Gregor – “L’Ideologia del Fascismo", 1974
(11) Idem
(12) Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, 1972

8 commenti:

  1. Ancora una differenza tra nazismo e fascismo risiede nel concetto di partito e nel rapporto tra Stato e partito. Nel caso del nazismo il partito è al di sopra di ogni cosa, compreso lo Stato, e rappresenta il supremo organo di potere, analogamente al ruolo del PCUS nella URSS di Stalin. Nel Fascismo invece al partito è delegato un ruolo subordinato a quello supremo dello Stato e dei suoi organi, con il compito sostanziale di interfacciare la politica con la società. Mentre il ruolo del partito (o dei partiti) nelle "democrazie classiche" è di supposta rappresentanza indiretta al potere di una parte sociale, nel caso del fascismo il partito (unico) è, al contrario, la rappresentanza del potere dello Stato verso il corpo sociale unito e già direttamente partecipe del potere.

    In quanto a FL e alla sua deriva filo nazista, credo che si tratti del disperato tentativo di ricerca di una rinnovata identità per distinguersi dal resto dei groppuscoli neofascisti, oltre che il frutto di un vuoto incolmabile in tema di coscienza ideologica da parte della dirigenza del movimento. Detto questo, poi credo che sia normale che per supportare le proprie posizioni, per difficili che siano, si usino argomentazioni zeppe di forzature e una dialettica ai minimi livelli. Di questo non c'è da stupirsi.

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  2. Ottima precisazione Lictor. Diciamo che le differenze tra fascismo e nazismo sono ancora molte, qui ci siamo limitati a riportare la più importante e fondamentale che sta alla base della profonda divergenza tra una ideologia di stampo materialista ed una spirituale, ossia il razzismo biologico. Se poi volessimo allargare l'orizzonte di cose ce ne sarebbero molte altre, oltre alla pertinente precisazione che hai riportato. Ad esempio il diverso rapporto con le religioni. Mentre il nazismo è una ideologia di stampo esoterico che sviluppa delle ritualità e delle credenze di tipo pagano (oppure stravolge il significato delle religioni monoteiste), il Fascismo rispetta e protegge le religioni di qualsiasi popolo. Non vi sono velleità esoteriche, iniziatiche e pagane nel Fascismo.
    Un'altra differenza è riscontrabile nell'humus culturale da cui le due ideologie traggono la loro esistenza. Mentre il Fascismo si sviluppa in seno ad un popolo latino e si richiama al mito della romanità, della civiltà, del modernismo etc., il nazismo si sviluppa in seno ad un popolo teutonico richiamandosi perciò a motivi pangermanisti, nazionalistici, tradizionalisti, tragici. Il motivo tragico, di chiara matrice spengleriana, è una costante nel nazismo. Mentre nel fascismo vi è un ottimismo di tipo vitalistico che non auspica un "ritorno al passato", ma una continua proiezione verso l'avvenire. Proprio per queste ed altre motivazioni fascismo e nazismo sono agli antipodi. Il primo Idea Nazionale, Sindacale, Etica, Idealistica. La seconda Teoria si basa su: Pangermanismo, Razzismo, determinismo biologico, tradizionalismo Prussiano e nordico. Non esiste dottrina sociale nel Nazismo: è subordinata alla Razza. Non esiste dottrina dello Stato nel Nazismo: esso esiste in funzione della Purezza della Razza. Non esiste dottrina economica nel Nazismo: c'è un vago sindacalismo di tipo razziale. Questo ovviamente in linea generale.

    Riguardo il MFL, il problema principale è che da credito alla vulgata resistenziale antifascista, che ha tutto l'interesse politico ad accomunare nazismo e fascismo. Quindi ci crea un danno d'immagine immenso! Io Fascista a causa di quelle teste pelate vengo associato al nazismo, ideologia che ripugna profondamente al mio spirito.

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  3. Caro brigadiere che ti nascondi dietro a nomignoli ridicoli quali "tiberio gracco" ed "aquila latina", perchè non mi dai nome ed indirizzo, così ci incontriamo e vediamo chi è più coniglio fra me e te?
    Anche se sei uno sbirro, ti farò passare la voglia di blaterare nascosto dietro a nick da vigliacco quale sei.

    Ciao senza palle.

    Carlo Gariglio

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  4. Questo articolo e i commenti "mascherati" non sono null'altro che la manifestazione tangibile della vittoria di 70 anni di propaganda americana.
    Se poi davvero si tratta di una manovra poliziesca: abbiamo davvero toccato il fondo.

    In entrambi i casi un solo commento: che tristezza.

    Emiliano Calemma

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  5. Come volevasi dimostrare, la "dirigenza" dei "nazisti in libertà", che si è "scomodata" a venire sin qui, lungi dal cercare di produrre una difesa argomentata alle loro fumose chiacchiere o di eventualmente cercare di confutare quanto abbiamo scritto (che non è in alcun modo confutabile), ci delizia ancora una volta con insulti, minacce fisiche e tesi complottiste tipiche della gazzarra areana e che fanno molto comodo all'antifascismo. Quale credibilità può avere, infatti, il dirigente di un movimento fintofascista che lungi dal rispondere alle critiche poste minaccia delle ripercussioni fisiche? Meditate, kameraden...

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  6. E intanto il brigadiere cagasotto continua a chiamare conigli gli altri restandosene nascosto dietro il PC della questura...

    Chi ha voglia e capacità di leggere, si riguardi il mio articolo ove sbugiardavo il questurino ed i suoi accoliti: http://www.lavvocatodeldiavolo.biz/?p=758

    Riguardo a te, mezzo uomo, mi hai stufato... Dato che sei troppo vigliacco per lanciare i tuoi insulti con un nome ed un cognome, ti lascio al tuo destino di squallore... Ho ben altro da fare che polemizzare con un vigliacco che non si qualifica e che scrive cazzate da terza elementare.

    Dott. Carlo Gariglio - Segr. Naz. MFL
    www.lavvocatodeldivaolo.biz
    www.fascismoeliberta.it

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  7. Non le interessa sapere il mio nome per cercare di confutare quanto scrivo. Voi areani sembrate creati tutti con lo stampino, se non le do i miei dati anagrafici il suo cervello non riesce ad elaborare una contro-risposta seria che non preveda insulti? E se glieli do, magicamente la risposta comparirà? Patetico.
    Riguardo il suo ridicolo scritto che con faccia tosta continua a riproporre, torno a ripeterle che è stato ampiamente smentito e sbugiardato dal presente articolo, che lei non ha avuto la dignità di leggere e nemmeno di replicare punto su punto. Le sue fandonie, frutto di una ignoranza abissale in merito all'ideologia fascista, sono state confutate ed è stato dimostrato come il suo movimento "nazisti in libertà" sia solo uno dei tanti squallidi movimenti radicaldestrorsi dell'area fintofascista. Ora, abbia il buon gusto di tacere, almeno ci fa più figura. E le assicuro che se fossi stato un "brigadiere" a quest'ora lei sarebbe in carcere da un bel pezzo ;-)

    Cordiali Saluti

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  8. Avviso: è stata applicata la moderazione per l'approvazione dei commenti all'interno degli articoli sul blog. Non saranno più accettati commenti farciti di insulti come quelli di cui ci ha deliziati il sig. Coniglio. Chi vuole venire qui a discutere lo sappia fare con TONI CIVILI, non tipici della teppa da stadio stile estrema destra.

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