PRIMATO FASCISTA E' L'ORGANO UFFICIALE DEI FASCISTI RIVOLUZIONARI
“Fondiamo questo foglio con volontà di agire sulla storia italiana. Contro la filosofia regnante, che fermamente avverseremo, non ammettiamo che tutto sia “Storia”: storia non è quel che passa, è quel che dura […]. Ci basta che dieci abbiano inteso, e si siano dati la mano; che codesto fascicolo di trenta pagine sia stato prova di vita fra tanta inerzia d’uomini, affermazione chiara e dura fra tanta dubbiezza, falsità, fragilità di scrittori, e resti documento dell’epoca Fascista, principio anzi di quella rivoluzione intellettuale che noi compiremo.” Berto Ricci, da “l’Universale”, 3 gennaio 1931.

sabato 16 luglio 2011

Anniversario della guerra Antifascista contro il Giappone

Il 15 luglio 1945 il neonato governo democratico fantoccio insidiato in Italia dai padroni anglo-americani dichiarò guerra al Giappone, atto che rappresenta l'apoteosi dell'ipocrisia antifascista. Dapprima infatti costoro promossero e vinsero una guerra civile demonizzando il fascismo quale regime guerrafondaio che aveva condotto il Paese alla rovina sotto la mercé della Germania nazista. Accusa falsa, visto che l'Italia cercò di perseguire sempre una "guerra parallela" a quella dell'alleato, prima che sopraggiungesse la sconfitta militare. Furono gli stessi antifascisti a mettersi al servizio di una Potenza straniera, cercando di aiutarla nella conquista della Penisola con il fenomeno del banditismo partigiano, ed infine alle trattative di pace del 1947 cedettero senza opporre alcuna seppur blanda resistenza larghe fette di territorio nazionale. Ma la guerra contro il Giappone, benché non ebbe riscontri pratici, rappresenta il culmine del doppiogiochismo che da sempre è stato uno dei valori fondanti dell'antifascismo. La dichiarazione di guerra ad un popolo con cui non avevamo mai avuto alcun motivo di contrasto (altro che pugnalata alla schiena della Francia) fu sottoscritta da tutti i partiti che accusavano il fascismo di aver portato l'Italia in guerra. La decisione fu evidentemente presa per accattivarsi le "simpatie" dei "liberatori". Così infatti scrisse Pietro Nenni nel suo diario:  "Al Consiglio di giovedì è tornata la questione della guerra al Giappone e stavolta o bere o affogare. Ho bevuto. Facendo le più espresse riserve sulle circostanze nelle quali il paese è stato impegnato nella guerra, ma riconoscendo che allo stato attuale delle cose non si poteva fare macchina indietro. De Gasperi ha comunicato una nota del Sottosegretario americano degli Esteri Grew, di cui ecco l'essenziale: la dichiarazione di guerra sarà accolta con soddisfazione in America: i governi britannico e sovietico non fanno obiezioni". E così conclude: "Allo stato delle cose è effettivamente difficile tornare indietro senza esporsi a rischi di un inasprimento dei rapporti con gli Stati Uniti. Ma dove se ne va la democrazia quando un governo proclama una guerra, sia pure simbolica, per piacere a un governo straniero?".
Già, caro Nenni, perchè non lo spieghi a qualche indottrinato di retorica antifascista che in realtà non avete mai lottato per la democrazia, per il proletariato e per tutte queste belle cose? Perchè non gettavate la maschera riconoscendo semplicemente che eravate dei pupazzetti dei padroni anglosassoni e che avete combattuto il fascismo per il semplice fatto che aveva perduto la guerra? Perchè non dicevi chiaro e tondo che la guerra civile non portò alla democrazia in Italia, ma alla dittatura di altre forze "antinazionali"?
Inoltre la dichiarazione di guerra al Giappone non fu solo un atto simbolico. Ciò è dimostrato dagli atti del dibattito del Consiglio dei Ministri di allora. Si pensava di formare un corpo di spedizione interamente armato, equipaggiato e trasportato nel teatro d'operazioni dagli anglo-americani capitanato dal tenente Edgardo Sogno che avrebbe partecipato all'operazione Downfall, l'invasione del Giappone. Addirittura si parlò pure di eventuali compensazioni territoriali per l'Italia nelle isole del Pacifico, a fronte dei territori perduti in Africa e nell'Egeo. Gli Stati Uniti avevano messo in conto che la riuscita dell'operazione sarebbe costata alle sole forze armate americane centinaia di migliaia di morti (alcune stime arrivavano a sfiorare il milione) quindi il tributo di sangue richiesto sarebbe stato comunque esosissimo anche da parte di un contingente di forze ridotto quale poteva essere quello italiano. Per l'antifascismo si trattò quindi di sacrificare "alcune migliaia di morti da gettare sul tavolo della pace", di mussoliniana memoria. La differenza sostanziale sta nel fatto che mentre il Fascismo con un piccolo sacrificio intendeva dare un nuovo corso rivoluzionario alla storia del mondo e dei popoli, spezzando l'imperialismo plutocratico e ponendo l'Italia alla ribalta del nuovo ordine imperiale, l'antifascismo cercò di sacrificare delle vite dopo cinque anni di guerra, con un paese ridotto allo stremo delle forze e percorso da una strisciante guerra civile, per compiacere l'imperialismo plutocratico anglosassone che aveva bisogno di vite umane da sacrificare come pedine per la conquista del Giappone. Le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki impedirono questo ultimo bagno di sangue italiano. Da notare, infine, che la dichiarazione di guerra non fu accettata per "sfregio" dai giapponesi, di cui non ne presero neppure atto, per il fatto che i Giapponesi riconoscevano come legittima solo la Repubblica Sociale e non il Regno d'Italia.

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