PRIMATO FASCISTA E' L'ORGANO UFFICIALE DEI FASCISTI RIVOLUZIONARI
“Fondiamo questo foglio con volontà di agire sulla storia italiana. Contro la filosofia regnante, che fermamente avverseremo, non ammettiamo che tutto sia “Storia”: storia non è quel che passa, è quel che dura […]. Ci basta che dieci abbiano inteso, e si siano dati la mano; che codesto fascicolo di trenta pagine sia stato prova di vita fra tanta inerzia d’uomini, affermazione chiara e dura fra tanta dubbiezza, falsità, fragilità di scrittori, e resti documento dell’epoca Fascista, principio anzi di quella rivoluzione intellettuale che noi compiremo.” Berto Ricci, da “l’Universale”, 3 gennaio 1931.

mercoledì 28 settembre 2011

Italia (s)vendesi


Liberalizzare e privatizzare
Coloro i quali hanno provocato la crisi, stanno giorno dopo giorno riuscendo nel loro intento: la disgregazione dello Stato in nome dell' individualismo e del profitto.

Da Confindustria ai sindacati, un univoco coro reclama la liberalizzazione e la privatizzazione di beni e servizi, strategici o meno, in cui lo Stato ha dei diritti superiori in quanto, a livello teorico, agisce per il bene comune.

A dispetto dell' etimologia, la liberalizzazione è tutto fuorché libertà.
Si tratta di vendere a prezzi minimi strutture e quote di capitale, dello Stato e quindi del Popolo, a investitori e società private.
Ciò che già è stato pagato dai tributi e dal nostro lavoro, verrà svenduto per poi essere di nuovo pagato da noi per poterne usufruire.
Come già fu per le autostrade italiane, pagate dalle nostre imposte, svendute e continuamente ripagate dai nostri pedaggi, come già è stato per Alitalia, sarà anche per Ferrovie dello Stato, istruzione, sanità e qualsiasi servizio è oggi di competenza dello Stato.
Chi sarà a guadagnarci?
A detta "loro" il popolo.
O meglio, quella parte di popolo, non certo proletario o di ceto medio, che ha abbastanza liquidità e garanzie per comperare una struttura ospedaliera o una tratta autostradale.
La stessa parte di popolo che tramite speculazioni finanziarie e negligenze ha provocato e continua ad alimentare questa crisi, la stessa parte di popolo che è al potere da più di mezzo secolo e che si serve di tutte le forze partitocratiche del parlatoio che si alternano nel logorante gioco delle parti tra maggioranza e opposizione.
E sono sempre coloro che ignorano il risultato del referendum che ha manifestato chiaramente la contrarietà del popolo alle privatizzazioni.

La disgregazione dello Stato deve avvenire anche a livello sociale per essere veramente efficacie.
In questa ottica si fomenta la lotta di classe tra lavoratori dipendenti, che non possono gestire il lordo del proprio salario e artigiani, liberi professionisti e piccoli imprenditori che non sono più nelle condizioni di operare nella legalità.
Questa contrapposizione è assolutamente funzionale: "tra i due litiganti il terzo gode".



Riforme, ci vogliono riforme!

Questo chiedono tutte le parti in gioco, tutti quegli individui che nonostante il protrarsi di questa situazione da anni non capiscono o non vogliono capire che il problema è alla base, nelle fondamenta marce degli stati liberali e delle dottrine liberaliste che utopicamente sperano nella crescita infinita della produzione, a qualsiasi costo, compreso lo sfruttamento del lavoro e il depauperamento inarrestabile del territorio.

Dalle serrate alle delocalizzazioni
La serrata, ossia quella forma di protesta dei padroni opposta allo sciopero dei lavoratori, non è consentita dalla legge, quindi è stata trovata una forma più efficace: minacciare di chiudere per delocalizzare l' azienda in uno di quei paesi in crescita con minori costi di produzione.
Marchionne docet.
Privando il popolo del lavoro, lo si priva anche del pane.
Tutto in nome del profitto, e chi rappresenta lo Stato segue le vicende impassibile e distaccato, preoccupandosi di amenità e questioni irrisorie.
Nel frattempo seicento operai FIAT dell' impianto di Termini Imerese, protestano vanamente con la speranza che a qualcuno importi.

Snazionalizzare globalizzando. Schiavizzare finanziando.
Ikea, azienda multinazionale leader nel settore degli arredamenti, è intenzionata ad investire in Italia un miliardo di euro aprendo nuovi punti vendita.
Da una parte, aumento dell' occupazione e immissione di liquidità nel mercato, dall' altra fine dell' artigianato, impatto ambientale, rischio di cartelli con aziende concorrenti.
Ciò che viene visto con favore dall' opinione pubblica, non è altro che un aggiuntivo tassello alla progressiva oppressione del popolo Italiano, sia sotto il profilo consumistico e costumistico, sia sotto il profilo lavorativo.
Consumistico, perché crea il bisogno di possedere oggetti futili e indesiderabili, tramite le martellanti campagne pubblicitarie, fino a diventare uno status symbol.
Costumistico, perché propone uno stile di vita incentrato esclusivamente sul possesso di beni materiali, livellando ogni identità sociale ed etnica e non di meno perché più volte, tramite le proprie campagne pubblicitarie, ha imposto la propria visione politica su questioni come l' omosessualità, che andrebbero trattate in altre sedi.
Lavorativo, perché la via è già stata solcata: dai contratti collettivi nazionali i mercati spingono a contratti di fabbrica in cui lo Stato non può avere voce in capitolo, ossia come era nell' epoca pre-Fascista, poco meno di un secolo fa.


Il futuro della "repubblica" italiana è questo, il nostro futuro è perdere quei pochi diritti di cui oggi ancora godiamo.



2 commenti:

  1. Ottimo articolo, complimenti.

    Ciao
    Safra

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  2. ITALIA (S)VENDESI!
    Lo Stato Italiano è sempre più indebitato e affamato di soldi! Dalla spending review dovrebbero arrivare circa 5 miliardi di euro quest'anno, più altri 8/9 nel 2013. Molti altri miliardi di euro entreranno nelle casse pubbliche con le prossime scadenze fiscali: Imu, Irpef, Tarsu... e chi più ne ha, più ne paghi! Insomma una valanga di miliardi che però non basterà a placare gli appetiti dei mercati e i consumi di una macchina pubblica che brucia troppi soldi e produce poco o niente!!! Rimessa nel cassetto l'ipotesi di una manovra finanziaria aggiuntiva - che avrebbe scatenato la protesta anche del più sommesso dei sudditi di quello che un tempo era il 'popolo sovrano' - il governo si appresta alla cessione di asset pubblici: "Abbiamo predisposto - ha dichiarato Mario Monti - dei veicoli, fondi immobiliari e mobiliari attraverso i quali convogliare in vista di cessioni, attività mobiliari e immobiliari del settore pubblico, prevalentemente a livello regionale e comunale''. L'Italia si appresta, quindi, a (S)vendere il suo patrimonio immobiliare per fare cassa. Siamo alla frutta! Siamo arrivati a vendere persino il fondo del barile già pesantemente raschiato! Siamo arrivati al capolinea della svendita dei gioielli di famiglia che serviranno - in mancanza di serie e profonde riforme strutturali e di una nuova classe dirigente - soltanto a tirare a campare. Il patrimonio immobiliare italiano vale circa 400 miliardi di euro, ma la maggior parte è detenuto dagli enti territoriali. La somma sarebbe considerevole per abbattere il debito pubblico, ma dovrebbe essere presentato in tempi brevi un programma di razionalizzazione e di accorpamento di tali edifici, destinati in gran parte ai servizi della pubblica amministrazione. Ma non sarà un programma di facile attuazione, dal momento che la quota disponibile in tempi brevi dalla vendita di immobili si riduce a 40 miliardi spalmati in 10 anni! Bazzecole, quisquilie, pinzellacchere, per un debito pubblico di quasi 2.000(*) miliardi... In buona sostanza "loro" svendono i "nostri" immobili a prezzi stracciati ai "soliti" palazzinari che non aspettavano altro per sciacallare sulle disgrazie di un'intera nazione. Dopo averci levato i soldi dalle tasche, dopo averci gettato nella precarietà di una vita senza lavoro, senza pensione e senza welfare, adesso passano alla svendita degli immobili, poi toccherà a strade, ferrovie, ospedali, monumenti! E tutto in nome del debito sovrano! Tutto per mantenere privilegi e benefit di una casta che continua a fare la bella vita, naturalmente... a nostre spese! A spese di ciò che resta del popolo sovrano: un popolo bue!


    (*) Il debito pubblico italiano ad aprile ha toccato un nuovo record, attestandosi a 1.948,584 miliardi di euro, in aumento rispetto al record storico toccato a marzo (1.946 mld). E' quanto risulta dal Supplemento al Bollettino statistico della Banca d'Italia dedicato alla Finanza pubblica.

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